Robots a Panicale

Quando sono arrivato a casa del mio amico a Panicale, sul lago Trasimeno, una quindicina di giorni fa il grosso dei terreni attorno alla sua casa erano appena stati arati e si presentavano così.

Terreno Arato a Mirabello di Panicale

La terra così ribaltata dava un senso di forza. Durante le ore del giorno cambiava colore e le sue ombre davano sensazioni molto diverse, ma forse quella che più mi colpiva era data dall’impossibilità di attraversarla. Le zolle erano veramente imponenti e in quanto tali incutevano  rispetto. Non si poteva passarci in mezzo. Mercoledì scorso, in lontananza, dall’alto della collina si scorgeva una nuvola di polvere che si muoveva veloce. Era un trattore.  Quando sono sceso, poche ore dopo, tutto era piatto, accessibile, utilizzabile, pronto per essere sfruttato ancora una volta.

Terreno Lavorato a Mirabello di Panicale

Ero sceso per fare la spesa e mi sono fermato al banchetto lungo la statale con la bandiere gialla di Coldiretti a comprare frutta e verdura. Ho chiesto dei fiori di zucca e mi hanno detto di aspettare 10 minuti che andavano nel campo a prenderli. Per colmare l’attesa abbiamo iniziato a parlare del più e del meno e subito il discorso è caduto sulla loro attività e sono uscite queste parole “abbiamo iniziato due mesi fa. Io sono un laureato in agraria disoccupato. Mi sono messo ad aiutare il babbo. Non ce la facevamo più. L’anno scorso avevamo coltivato 4 ettari a cavolfiori e la COOP mi dava 30 centesimi al chilo e li rivendeva qua in paese a 1.50 euro al chilo. Noi non ci stavamo più dentro e abbiamo iniziato quest’avventura. Ma voi a Milano sapete cosa sono le cicerchie?”.

Azienda Agraria Fernando Corbacelli

Allontanandomi con i fiori di zucca in mano hanno iniziato a frullarmi in testa strane connessioni. Non è che le mie zolle le avevano fatte sparire per mettere giù, con altri trattori, quella montagna di cavolfiori che una volta venduti avrebbero fatto guadagnare persone diverse da quelli che avevano fatto tutto quel lavoro?

Ma ecco che incontro i Robots. Mi siedo al bar e mentre bevo il caffè l’occhio viene catturato da queste parole di Repubblica  “Rapido, efficiente, instancabile, Baxter non è enorme e ingombrante: pesa 75 chili, quanto un uomo normale. Ed è abbastanza lento e misurato nei movimenti, da non rappresentare un pericolo, almeno fisico. Eppure, attenta alla nostra vita. Costa 22 mila dollari, a scendere, l’equivalente di un anno di salario. Ma, per quei soldi, lui ne lavora dieci. Non occorrono geni della finanza, se in consiglio di amministrazione, per fare due conti e decidere cosa converrà fare quando partirà la ripresa. Altro che compagno robot: Baxter ci sfilerà la sedia da sotto il sedere o la chiave inglese dalle mani. Anzi, in Italia non lo vediamo perché c’è la recessione, ma, nel mondo, lo sta già facendo. Ci sono 1,4 milioni di robot al lavoro nell’auto e nell’elettronica globali. La Foxconn, l’azienda che assembla i gadget della Apple, si prepara a installarne un milione. Se l’America indica il futuro, è da rimarcare il caso di un’azienda in Alabama che, dal 2010, produce 300 mila freni in più l’anno, ma non ha assunto neanche un operaio.”

Se nella prima pagina avevo trovato, con altre parole, la storia dalle mie zolle alla COOP, è nelle pagine interne che venivano spiegati con dovizia di particolari perché, il mio giovane agronomo disoccupato, aveva fatto la scelta giusta iniziando a coltivare ortaggi.

“Regola numero uno: scegliere lavori non strutturati. I robot lavorano bene secondo regole predefinite, in situazioni codificate, in cui possono compiere scelte fra alternative anche molto numerose, ma previste. Le situazioni non strutturate sono, invece, quelle in cui, anzitutto, bisogna cominciare a raccapezzarsi e i comportamenti vanno inventati lì per lì. Il designer crea dal nulla, ma anche l’assistente sociale affronta, ogni minuto, una situazione diversa, mutevole, imprevedibile.

Regola numero due: scegliere lavori che comportino adeguarsi al flusso di nuove informazioni. Reagire alle novità che, spesso, alterano radicalmente una situazione è quello che il cervello umano fa meglio. Vale per un chirurgo alle prese con una improvvisa emorragia, ma anche per l’idraulico e l’elettricista che devono impiantare i loro collegamenti in case una diversa dall’altra, per clienti con esigenze assolutamente particolari.

Regola numero tre: se il lavoro deve essere manuale, non sia di routine. Non occorre mettere in campo falegnami e marmisti che siano sublimi artigiani. Basta pensare al cuoco o anche a come sgombrare una casa vecchia e tirare su le mura di una nuova.
Contemporaneamente, anche le situazioni cambiano, con una standard i z z a z i o n e sempre più accentuata, che rende più facile il lavoro dei robot e meno costoso il risultato finale. Pasta e fagioli per tutti è più facile di cento menu diversi: il palato ne soffre, il portafogli ne guadagna. E l’edilizia prefabbricata, programmabile a misura di robot, mette a tacere il singolo cliente, ma accontenta, almeno un po’, tutti.

E, allora, c’è la quarta regola del manualeE’ racchiusa nel titolo della loro ricerca ed è identica alla raccomandazione che facevano gli autori di “Race Against the Machine”: “Dancing with the Robots”, con i robot si può imparare a ballare. Le nostre capacità sono complementari alle loro, si tratta di sfruttarle al meglio.”

Ho guardato i miei fiori di zucca e ho pensato che cucinarli in un modo che non avevo mai fatto potesse essere il primo dei passi della mia danza con Baxter.


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