Gesti significativi per un’utopia potrebbero essere insieme locali e mondiali: come si dice oggi, oggi glocal. Consideriamo un piccolo esempio che, di nuovo, ci viene dall’America latina. Adiacente a uno dei due poli della guerra fredda, gli Stati Uniti, sta un paese a sua volta condizionato dagli eventi passati, il Messico: la rivoluzione degli inizi del 1900 si era irrigidita a metà strada in un ossimoro, il Partito Rivoluzionario Istituzionale. Con la fine del secolo XX, come è avvenuto anche in Europa, il sistema politico sociale messicano si è sbloccato. È andato al governo un nuovo partito, il Pan, più favorevole al libero mercato, e un nuovo presidente, Vincente Fox. Prima dell’attività politica, Fox era stato responsabile della Coca-Cola in Messico e aveva portato il paese al primo posto mondiale nelle vendite pro capite della bibita americana.
Durante alcuni viaggi in Messico, quando Fox era presidente, ho cominciato a prendere appunti, poi confluiti nel libro che avete in mano. Lungo le strade, infiniti venditori offrivano Coca-Cola a un dollaro per confezione. Altri, in buona parte contadini, vendevano un succo naturale fatto all’istante, spremendo almeno sette arance. Il liquido totale di questa bevanda era molto di più di quello contenuto in una Coca-Cola. In ogni senso era più dissetante e più sano. Non consisteva di acqua, zucchero e additivi, ma di puro frutto con molte vitamine. Era venduto a un prezzo più basso. Non lasciava residui indistruttibili come lattine, ma solo bucce di frutta e bicchieri di carta.
In sostanza, un prodotto era più economico e più sano, aiutava all’agricoltura, non arricchiva intermediari, ma consegnava tutto il denaro nelle tasche di produttori poveri ed era ecologicamente perfetto; l’altro era la quintessenza del guadagno di capitalisti e pubblicitari, quasi niente del suo prezzo andava in tasca a un lavoratore locale e quasi tutti i suoi residui (bottiglie di plastica e lattine metalliche) finivano con l’inquinare l’ambiente. La gran parte dei messicani è orgogliosamente nazionalistica, critica verso il grande capitale americano e relativamente povera. Ma lungo tutte le strade del Messico la maggioranza di loro, prendendo a calci il proprio orgoglio, comprava la bevanda più cara, più inquinante, meno sana e meno utile alla cagionevole economia nazionale. Fino a quando non si dimostra che è dannoso, il libero mercato dovrebbe essere meglio di quello senza libertà: ma evidentemente l’acquisto di una bevanda rinfrescante lungo le strade del Messico, proprio come il consumo di pizza locali italiani, non era più libero. La scelta non era una scelta anche perché era collettiva e scontata in partenza.
Il lettore avrà capito dove voglio arrivare quella distorsione nel mercato della bevanda era una finestra rotta l’edificio della società messicana. Come vetri spaccati, stava sotto gli occhi di ogni passante. Questi, anche se non la registrava nella propria memoria, ne soffriva ma, al tempo stesso, la cercava con rassegnazione e amaro cinismo, quasi fosse un segno ineluttabile di identità negativa, che cercava di rendere invisibile mimando il paese vicino più ricco.
In quella piccola contrapposizione stava una delle radici di ogni ingiustizia sociale. Malgrado l’immensa forza economica e politica di una multinazionale come la coca-cola, nel momento dell’acquisto nessuno faceva pressione sui passanti perché la preferissero. Certo la Coca-Cola ha dietro di sé giornali, televisione, cartelloni stradali: però ai due lati delle strade, nel momento in cui si svolgeva questa ” nuova guerra fredda ” (arance e coca-cola attendevano i consumatori in poveri recipienti refrigerati) i piccoli banchi per la vendita della bibita e quelli per le spremute erano in tutto uguali.
Gli acquirenti erano soprattutto passanti locali, simili ai contadini muniti di arance: ma si sarebbe detto che inconsciamente volessero evitare ogni occasione per identificarsi con loro. Bere la Coca-Cola offriva per caso quella di immedesimarsi con un nordamericano più ricco? Si tratterebbe di una impercettibile, ma precisa identificazione con l’avversario: nota alla psicanalisi nelle forme di masochismo e all’antropologia attraverso i pasti dei cannibali, che consumano il nemico per incorporare la sue forze. In ogni caso, quei passanti impegnati a sprecare il loro denaro e la loro dignità comprando la bibita estranea sono sempre ancora in tempo per un gesto minimalista: scegliere davvero, ogni volta e personalmente. Purtroppo, quando si paga un prezzo per una merce ci si illude di pagare anche la libertà di non pensare.
Chi vuole migliorare il mondo non dovrebbe permettersi di adorare un “eroe” massimalista come Che Guevara se prima non ha dato prova almeno di un eroismo minimalista. La pizza e la coca-cola che consuma non devono entrargli solo in bocca, ma anche nella testa: quando si nutre, l’uomo ha una responsabilità più complessa di quella degli animali, se non vuole diventare inerte come le confezioni di carne in cui questi vengono trasformati.
Ancora prima di divenire un problema sociale e politico, l’assurdità delle scelte economiche umane è un problema psicologico. Non possiamo affidarci a nessuna utopia, sperare nessun cambiamento, se prima non ci fermiamo un attimo, non ci guardiamo dentro e non cerchiamo di agire in modo più cosciente: più giusto, più compassionevole verso gli altri e verso noi stessi.
Osservando quanto il mercato detto libero sia invece prigioniero della irrazionalità, dovremmo immaginare da una parte il contadino, dall’altra Vincente Fox. In realtà la sua presidenza ha prodotto diversi risultati e leggi nuove, necessari dopo decenni di immobilismo del Pri , e probabilmente è stata anche meno corrotta delle precedenti. Ma di fronte a lui il contadino è solo, con la sua onesta’ millenaria che si rispecchia nella vendita di un prodotto onesto. In questo senso la traiettoria di Fox, anche se composta di atti legali, è stata una concentrazione di malizia, di economia manipolativa e improduttiva.
Il massimalismo non riesce ad affrontare questi problemi perché conosce solo gruppi, popoli, masse, nazioni e classi. La solitudine del contadino con le sue arance rappresenta invece la sua debolezza insieme alla sua verità di individuo: che è compatibile, con quella cristiana, ma diversa. Il contadino non è saggio come Cristo e non può lamentarsi con un Dio Padre che l’ha abbandonato: è solo dall’origine. Ma finché ne sentiremo compassione, la sua fragilità può avere ancora qualche forza utopica. [Da Pagina 194 del libro Utopie Minimalistiche di Luigi Zoja edito Chiarelettere]
Se volete approfondire ancora prima di leggerlo date un’occhio qui ma credo che la migliore sintesi del libro la dia l’autore stesso a pagina 202.
Con le considerazioni fatte qui abbiamo messo a confronto due concezioni contrapposte del progresso umano. Una è esterna, impersonale, affrettata e – pur rivestita da preoccupazione per la società – è motivata soprattutto da egocentrismi, da nevrosi personali o semplicemente dalla identificazione inconscia con un archetipo eroico. L’altra è interiore, personale e lenta. La prima corrisponde soprattutto alla rivoluzione collettiva, la seconda al rafforzamento della ricerca interiore che è la principale (anche se dispersa, disordinata e spesso inconsapevole) ricchezza delle nuove generazioni, in parte coincidente con l’idea di individuazione.
A pagina 62 partendo dalla relazione tra i cittadini e lo Stato, a proposito della questione fiscale, dà un definizione di Stato estremamente significativa, che è poi l’unica che è compatibile con la possibilità che possano agire individui che scelgano di bere quel succo di arancia.
Quando ciò avviene lo Stato assolve ancora la sua funzione finanziaria, ma ha rinunciato a quella collaborativa per cui era nato: organizzare in modo permanente ed equo gli impulsi solidali della comunità. È un apparato anonimo, che può far comodo disprezzare, odiare, addirittura sabotare (se non ci fossero nuovamente di mezzo delle sanzioni). Non rappresenta più la psicologia collettiva, è un Leviatano inevitabile che vive di vita propria, separata da quella dei cittadini che lo compongono.
Quanto descritto nel libro forse è più attivo di quanto si pensi visto che appena abbiamo postato l’articolo su Facebook subito ci hanno segnalato il Primo CartoSIP che dovete gustare promettendovi che leggerete anche il progetto.