Ottavio Rube

Ottavio Rube Cooperativa Valle Unite

Appennini Resistenti

Lentamente, dalla nebbia della mia prima notte in queste valli, appare, alta su un colle, la cascina di Montesoro. E capisco che il mondo, anche in queste terre, ha mille verità. Ottavio Rube ha 58 anni, capelli bianchi disordinati, una folta barba e occhi scintillanti. È un contadino. Famoso. Un contadino che parla, discute, si appassiona. Come se volesse dimostrare che non è vero che da queste parti si è chiusi (lo sono. Ma lui no). È fra i fondatori storici di “Valli unite“, una cooperativa da leggenda per chi ha sempre creduto in un “altro mondo possibile”. Esiste, a dar retta all’anagrafe, da trent’anni (in realtà gli anni sono ben di più). Fanno vino, salumi, carni. Tutto biologico. Ha uno spaccio, fornisce gruppi di acquisto, dà ospitalità. Via il romanticismo no-global: bilancio da 600mila euro di fatturato all’anno, 70mila bottiglie (barbera, dolcetto, timorasso) vendute anche in California. Trentaquattro soci (ma solo i quattro fondatori sono nati qui, gli altri vengono da fuori). Oramai siamo alla terza generazione. Paga oraria di 4 euro e quaranta. Uguale per tutti. Fate i conti: nessuno guadagna più di 10mila euro l’anno. Ma servizi e acquisti sono in comune. Per i soci, il vino è gratis. Una gran bella storia. Più di trent’anni fa, tre ragazzi, amici per la pelle, volevano fare i contadini. Ne erano figli e volevano rimanere sulle loro terre. Riaprirono le stalle, quando tutte erano già chiuse. Ripresero i cammini verso i pascoli alti, quando la montagna era già un deserto. Misero su una cooperativa in una terra gelosa e diffidente. “Abbiamo dimostrato che è possibile vivere facendo i contadini”, dice Ottavio. Attorno alla tavolata del mezzogiorno, decine e decine di persone, è un intrico di storie. []

L’intervista di Alessandro Maurilli

D. “Tre cuori e una stalla” ed ecco che nasce la Cooperativa Valli Unite. Da dove nasce il progetto?
R. Si proprio una stalla e tre… forse pazzi a quel tempo. Era il 1976 circa quando insieme a due amici, Enrico e Cesare, ci viene in mente di recuperare gli strumenti dei nostri nonni in una terra, la nostra che in quegli anni non prometteva nulla di grandioso. Così ecco qua la cooperativa che nasce al convoglio di numerose valli inglobando un sostrato culturale e sociale di grande rilievo.

D. Incoscienza va bene, ma qual era il progetto che avevate?
R. In realtà la nostra idea era quella di recuperare un mestiere che avevamo sempre visto fare da bambini ai nostri nonni e ai nostri padri. In particolare recuperare un po’ la semplicità del farlo e nello stesso tempo la naturalezza di allevare i prodotti nei campi in un momento in cui l’agricoltura si basava sull’avanzamento della chimica e delle caratteristiche industriali.

D. La vostra azienda ricorda molto le vecchie fattorie di una volta dove non si prendeva nulla o quasi dall’esterno.
R. Proprio così, la nostra idea si basava proprio sul ciclo chiuso tipico delle fattorie dei nostri nonni. Dai cereali e foraggio per il nutrimento fino all’allevamento degli animali che concimavano le nostre terre. Insomma un ritorno al passato.

D. Tutto da subito è stato concepito nel totale rispetto dell’ambiente. Questo aspetto si ritrova anche nella vostra scelta di produrre col sistema biologico. E’ questa la vostra filosofia?
R. Non la chiamerei proprio filosofia per non passare per quello che fa le cose per farsi sentire o per moda. Certo noi dall”81 abbiamo il riconoscimento di azienda biologica. All’inizio è stato quasi per caso, ma poi ci siamo accorti che se i nostri animali fossero stati nutriti con foraggio addizionato forse la qualità dell’ecosistema ne avrebbe risentito. Ecco allora la nostra scelta.
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