Sabato scorso al mercato dell Factory ho conosciuto Olli (Luigia Zucchi), anima dell’Azienda Agricola Rugrà di Tessarolo (Al) e siamo stati un bel po’ a parlare di biologico, di qualità, di prezzi e trasparenza. Legata alla campagna da sempre, anche se viveva in città per ragioni di lavoro, ha avviato l’attività agricola a tempo pieno nel 1997 e, coerentente con le scelte di vita sue e del marito, l’ha impostata secondo i criteri dell’agricoltura biologica.
A testimoniare il suo legame col territorio, la sua cultura e le sue tradizioni è il racconto del recupero di un vitigno storico in via di estinzione: il Nibiö dalla Picùla Rùsa, un Dolcetto dal caratteristico peduncolo rosso. “Nel 2.000 ero assessore al Comune di Tassarolo” racconta Olli “e, sollecitata dalla gente del posto, ho incominciato a fare ricerche negli archivi comunali e in vigna per scoprire che là dove oggi viene coltivato quasi a monocultura il gavi, una volta veniva coltivato questo nibiö, e che era l’uva più attesa e meglio pagata sul mercato di Novi Ligure, come attestano i mercuriali delle uve dell’Ottocento.” Gli studi condotti dalla Tenuta sperimentale di viticoltura della Regione Piemonte hanno potuto confermare il pregio di questo vitigno.
“Siamo così arrivati a costituire un’associazione per il recupero e la valorizzazione del nibiö nel 2007″ ci dice ancora Olli ” con le aziende vitivinicole che si sono coinvolte, comuni e istituzioni del territorio. Il vino che siamo riusciti a portare sul mercato non riesce ad invecchiare in cantina. Il suo profumo complesso di bacche e frutta matura, i suoi tannini che avvolgono piacevolmente il palato, un gusto intenso ed armonico, la sua grande eleganza, ne fanno un vino di particolare pregio che conquista subito coloro che lo assaggiano.”
Dopo averlo assaggiato posso solo confermare la descrizione fatta da Olli, in particolare il profumo, e ringraziarla per avere contribuito al recupero di biodiversità. Naturalmente nella gamma dei vini di Rugrà non può mancare un Gavi docg e da un Nebbiolo in purezza, i cui filari si vedono nella foto sopra, accanto al Nibiö: suonano simili all’orecchio ma sono differenti.