Per partecipare ad Ortofebbraio bastava inviare del materiale di documentazione inerente all’attività ortista e automaticamente si veniva messi nell’elenco dei contributi. Ma non tutto il materiale che abbiamo ricevuto c’entrava con gli orti. AIAB come primo contributo ci ha inviato questo materiale che come potete constatare voi stessi è sulla storia del mercato AIAB all’Isola. Secondo me non doveva assolutamente andare perduto.
In campagna all’Isola è il primo mercato biologico periodico del contadino realizzato a Milano e lavora mettendo a stretto contatto i produttori biologici con i consumatori, alla ricerca di nuove sinergie tra mercato, azioni socialmente orientate e riqualificazione degli spazi pubblici. Nasce da un’idea delle associazioni Cantieri Isola, AIAB (Associazione Italia Agricoltura Biologica) e La Compagnia del Parco-circolo Legambiente. Il progetto, avviato a ottobre 2002 grazie a un finanziamento della Fondazione Cariplo, , all’interno del Programma di finanziamento « Ambiente. Migliorare la qualità ambientale promuovendo forme innovative di gestione e di fruizione del verde da parte dei cittadini e delle loro organizzazioni »[www.fondazionecariplo.it]. Dal 2002 al 2009 il progetto è ancora attivo e ha visto negli anni la partecipazione e il sostegno di diverse istituzioni come l’IRS – Istituto per la Ricerca Sociale, la Provincia di Milano- Assessorato all’Ambiente, nonché la rete di associazioni ADA Stecca e la rete di quartiere isolagaribaldi.net. Obiettivi del progetto sono la riqualificazione territoriale di spazi in abbandono, aumentandone la fruibilità e la qualità tramite la realizzazione di servizi ed attività temporanee, la promozione e coinvolgimento delle realtà locali nella valorizzazione del contesto, la promozione del commercio a filiera corta dal produttore al consumatore e dell’alimentazione biologica.
“In campagna all’Isola” è un mercatino biologico che ogni seconda domenica del mese sino al 2006 si svolgeva nei giardini di via Confalonieri e successivamente alla demolizione della Stecca degli artigiani – e del conseguente inizio dei cantieri nei giardini stessi – ha trovato sede nel 2007 in vicolo De Castillia. Al mercato bio partecipano una ventina di piccoli produttori che vengono direttamente dalla campagna lombarda, associazioni di consumo critico ed equo solidale, realtà che lavorano sull’autorganizzazione del verde. L’appuntamento del mercato bio è anche un’occasione di scambio e arricchimento culturale, alcuni progetti realizzati nelle domeniche del mercato bio sono state: ‘Wild island‘, un orto-giardino curato dagli abitanti, in collaborazione con l’artista Stefano Boccalini (2002), i pranzi bio (2002-09), la mostra Green Action sulle esperienze di autorganizzazione del verde urbano (2003), il mercatino delle pulci (2002-05), gli eventi artistici nella Stecca degli Artigiani (2002-05), gli scambi internazionali con Temporaere Gaerten di Berlino (2003) e SLUG San Francisco (2003), dei cicli di incontri pubblici sui diversi modi di riqualificazione ambientale con “Costruire paesaggi” (2004-05), sull’alimentazione biologica “Alimentare Elementare” (2008-09), e ultimamente il coinvolgimento di diversi ristoranti del quartiere nel progetto “Isola Km zero” sui temi della filiera corta alimentare.
Incuriositi abbiamo approfondito alcuni dei temi citati e a proposito orto-giardino Wild Island abbiamo trovato in questa testo un’intervista a Stefano Boccalini dalla quale abbiamo preso alcuni spunti
[…] in quel momento mi interessava mettere a disposizione della collettività un servizio o meglio proporre una funzione che normalmente non è contemplata in un luogo pubblico, che in questo caso è un giardino pubblico, dove normalmente possiamo trovare delle sedute, dei giochi, dei percorsi eccetera… Il sonno al contrario non è contemplato e viene lasciato ai senzatetto che proprio per la loro condizione si adattano a dormire nei luoghi pubblici. Ho cosi deciso di installare delle amache perché penso che proporre anche questa condizione sia una sorta d’integrazione degli altri e allo stesso tempo una nostra liberazione. È chiaro che questo lavoro non andava a toccare direttamente le problematiche che si andavano delineando all’Isola come sarà per i lavori successivi, tuttavia era un modo per attivare l’uso dello spazio pubblico, e attivarlo con modalità differenti. Con Wild Island mi interessava innescare un processo operativo che da una parte mi permettesse di informare il quartiere sulla trasformazione urbanistica in atto, e dall’altra avesse la capacità di sviluppare tra gli abitanti un senso di appartenenza al territorio che abitano. Ho cosi deciso di costruire un giardino comunitario in uno dei due piccoli parchi che stavano tra via De Castilla e via Confalonieri. Ho quindi contattato, attraverso varie strategie, molte persone che abitavano all’Isola e gli chiesto di donare una pianta per costruire insieme un giardino nell’area dove avrebbero dovuto sorgere dei grattacieli. Allora avevo scritto: “Volevo che Wild Island crescesse come cresce la città contemporanea, dove la coabitazione tra culture diverse si sviluppa in maniera esponenziale. Così nell’orto-giardino le persone che vivono nel quartiere piantano qualcosa che appartiene alla loro cultura e al loro desiderio e lo mettono in comune con gli altri.” Poi viene Stazione Isola, un progetto che voleva indagare attraverso la costruzione di una “guida turistica” il quartiere. Insieme ad altri artisti abbiamo attivato una serie di strategie che ci hanno permesso di conoscere molte realtà che hanno costruito l’identità dell’isola. Con Stone Island volevo conoscere la storia del quartiere attraverso la testimonianza di persone che lo abitavano da molti anni e che magari ci sono nate, quindi mi sono rivolto a quella fascia di popolazione che normalmente è un po’ emarginata dalla vita pubblica, che sono gli anziani. Ho video-intervistato alcuni di loro che mi hanno raccontato i loro ricordi della vita all’Isola e ho montato i loro volti insieme ad immagini del quartiere, l’effetto era uno schermo diviso in due dove da una parte ci sono i primi piani e dall’altra la mappatura completa del quartiere con riprese molto lente. Attraverso i loro racconti volevo ricostruire la memoria dell’Isola, ma non era solo quello che mi interessava, volevo anche attivare uno scambio: loro mi raccontavano i loro ricordi in rapporto al quartiere e io li informavo sulle trasformazioni in atto. Tutto questo, oltre che a portare alla costruzione di un archivio di memorie, ha prodotto la volontà di alcuni di loro di partecipare attivamente alle attività proposte dalle varie associazioni che tentavano di proporre un modello diverso di sviluppo. Ma torniamo alla tua domanda, il mio lavoro all’Isola non nasceva solamente dalla volontà di indagare il quartiere, ma soprattutto dalla volontà di incontrare il quartiere, come credo si intuisca dalla descrizione dei progetti che ti ho fatto qui sopra. […]