Consorzio Formicoso Alta Irpinia

Avevamo appena finito una riunione di due orette dentro una stanza molto fredda: non credo che siano normali per nessuno 10 gradi al 30 di luglio, quando Peppino mi dice: dobbiamo passare un’attimo da Mastrogiulio. Lo seguo in macchina e raggiungiamo uno stabilimento. Entriamo e Peppino  inizia a parlare con Giulio di qualcosa legato all’umidità e al fatto che, vista la pioggia degli ultimi giorni, anche lui aveva passato tutta la mattina a stendere al sole il suo grano per raggiungere la percentuale di conferimento che il consorzio riteneva corretta. Durante la discussione mi portano in una casetta li vicino e il grano che lo “stoccatore” aveva in mano passa prima da una macchinetta per controllarne il peso specifico e poi da uno spettrometro per individuare umidità, proteine e glutine. I dati vengono riportati su una ricevuta in doppia copia una per lo stoccatore e l’altra per il conferitore. Il grano viene diviso in due sacchetti, legati con dei cinturini antifrode di colore viola con ciascuno la propria copia. Tutto questo è accaduto in un battibaleno. Usciamo dalla piccola casetta e con Peppino da una parte e Giulio dall’altra iniziamo a perlustrare quel posto che vedevo per la prima volta.  Adesso avevano il tempo per me. Portandomi davanti ai silos che avrebbero contenuto il Senatore Cappelli, mi spiegano che funzione hanno tutte quelle macchine sotto i capannoni. Alcune tramite delle ventole aspireranno le prime impurità del grano del Consorzio Formicoso Alta Irpinia, altre permetteranno di confezionarlo in sacchi quando sarà necessario portarlo al mulino. Girando nelle grandi stanze mi fanno vedere tutti gli altri grani accatastati in vere e proprie montagne. E’ solo per la filiera del Senatore Cappelli che facciamo tutto quel lavoro di certificazione che hai appena visto. Anche quel silos a svuotamento totale, è dedicato a noi. Insomma questo è il primo anello fuori dai campi e ci siamo organizzati per garantire veramente la qualità dallo screening di prodotto e la certificazione del processo.

Ero molto stanco e il freddo mi aveva provato e poi era ora di cena. Ci diamo appuntamento in paese per l’indomani mattina.

L’ospitalità impone che si parta da un caffè. E chi può dir di no a tanta gentilezza? Saliamo in macchina e Peppino mi mette in mano un “favino“. Vedi questa è la chiave di tutto. Abbiamo girato per quelle terre per delle ore e delle lunghe descrizioni vi riporto solo quelle dedicate alla rotazione colturale.  Ferma la macchina su una collinetta proprio davanti alla foto meno riuscita della quattro e mi dice: vedi quell’appezzamento verde? Si quello circondato dai campi dai marroni di varie tonalità. Ecco l’insieme di quei campi, proprio davanti a te ti fa vedere esattamente quello che facciamo. Seminiamo il favino, l’anno dopo su quel terreno mettiamo il Senatore Cappelli e infine lo facciamo riposare. Là vedi le tre fasi in contemporanea perché quei campi sono una buona rappresentazione dei tre stadi. Quel legume sulla mano è il favino, una leguminosa, direi infestante. Le altre due foto sono importantissime perché una di da la dimensione del sogno: prova a pensare quante terre potrebbero passare da una pratica agronomica “convenzionale” a questa pratica “rispettosa della natura e dell’ambiente” e l’altra è la casa che devi prendere come riferimento per ritrovare la strada che ti porta a casa mia! E’ ora di pranzo: dai che andiamo a vedere da vicino i campi da dove veniva il grano del quale parlavamo ieri con Luigi.

Il pranzo ha atteso un pò: prima abbiamo visto la vecchia casa con la facciata in grado di ospitare i colombi. Ci siamo entrati e abbiamo avuto modo di toccare con mano il grano raccolto. Le vedete quelle macchie blu e bianche? Ecco il famoso favino bellamente mischiato con il pregiato cereale! E si perché quando cresce da solo riempie i sacchi da solo, ma nei campi dove è passato l’anno prima non sparisce del tutto e cresce insieme al senatore cappelli. Abbiamo accennato all’importanza di questi discorsi quando abbiamo visto le rotazioni colturali di Patrizio in Valtellina e se osservate anche li l’alternanza è tra cereali e leguminose. Ne abbiamo parlato anche a proposito del Bocasci o Ciacaciammuottolo o del mais di davanti a Cascina Casalina. Sono tutte tecniche diverse ma in realtà sono tutte risposte che vengono date alla stessa domanda: come faccio ad avere un’agricoltura rispettosa dell’ambiente alla base anche del progetto del Consorzio Formicoso Alta Irpinia? Il discorso è molto complesso ma spesso è utile partire da alcune cose molto semplici. Andate in un prato possibilmente florido e spendeteci qualche minuto: vi accorgerete che ci sono molte varietà vegetali. Se non ci fate niente, a meno di eventi esterni vedrete che quel campo continuerà ad essere pieno di varietà magari di volta in volta diverse. Quando vedete un campo coltivato, la terra è probabilmente la stessa ma sopra c’è normalmente uno solo prodotto. Quando mi hanno presentato questo paragone mi sono subito domandato: dove sono finite tutte le altre erbe e soprattutto, perché la natura non ne mette mai una da sola? Mi hanno raccontato che la natura non ne mette mai una sola perché servono tutte. Hanno qualità diverse e lavorando insieme, permettono lo sviluppo reciproco e il mantenimento equilibrato del suolo su cui crescono e potranno crescere ancora. Nell’agricoltura “convenzionale”  viene seminato solo il vegetale che vogliamo, vengono aggiunte delle sostanze chimiche, per fare il lavoro che avrebbero fatto le erbe quando lavorano tutte insieme e non contenti, visto che quelle sostanze fertilizzano anche le erbe indesiderate, con altre sostanze chimiche, queste vengono distrutte ogni qualvolta fanno capolino.

Dopo avere aiutato Peppino a raccogliere le spighe che erano rimaste sul campo sia di senatore cappelli, sia di abbondanza, un’altro seme “antico” che aveva appena rinvenuto e stava provando, passando per il campo di granturco da cui raccoglierà qulle pannocchie “colorate” che vedete in foto, ci siamo avviati a tavola a mangiare un piatto di pasta. Non era la prima volta che assaggiavo il “prodotto finito” della filiera, ma vi posso assicurare che ha superato tutte le attese. La differenza si vede, anzi si sente!!! Sono sempre più convinto e spero che in qualche maniera iniziamo ad esserlo tutti, che esista una stretta relazione tra il favino e la qualità della pasta e che questa relazione passi dalla qualità del processo produttivo che garantisce in tutti i passaggi che i grani che la formano, siano quelli che crescono su questi territori e che abbiamo tutte le caratteristiche concordate.

Finito il pranzo abbiamo passato il pomeriggio a parlare del mulino, e soprattutto del pastificio le altre due componenti della filiera che non sono riuscito a vedere e che mi riprometto di visitare la prossima volta che torno in Irpinia. Quasi sulla porta ho fatto la domanda chiave: dove posso acquistare questo meraviglia su dalla mie parti? Come state organizzando la distribuzione? Ci stiamo preparando, qua intorno è possibile trovarla, in alcuni punti vendita e tramite qualche gruppo di acquisto solidale. Stiamo partecipando a tutti gli eventi istituzionali e non per promuoverla e stiamo aspettando risposte dai vari contatti che abbiamo attivato. Perché non torni a breve che potrò darti delle informazioni più certe e che sicuramente ti piaceranno? Come dire Peppino non è separabile da quel territorio che al tramonto ha ribadito tutta la sua bellezza. Non è concepibile pensare questa pasta al di fuori di tutto il percorso qualitativo e di preservazione del territorio che ho cercato di descrivere. Mi ha ricordato che senza il lavoro del Gal Cilsi il progetto non avrebbe potuto avviarsi e mettendomi in mano una brochure, scorrendo le pagine con le facce degli altri produttori di senatore cappelli, mi ha detto: torna che andiamo a trovarli insieme e capirai meglio quanto è importante quello che stiamo facendo!

A proposito date un’occhiata ai formati di pasta disponibili perché non si sa mai che presto potrete passare dalla teoria alla pratica, cucinandola voi stessi!!!


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