Sono tornato alla Fondazione Alario ed entrando nel giardino non ho potuto non soffermarmi a guardare l’agrumeto. Come vi avevo raccontato, gli alberi si comportano come dispense intelligenti per i limoni: anziché raccogliere tutti i limoni tutti in una volta, lasciandoli sugli alberi, questi rimangono “freschi” e pronti all’uso mano a mano che devo usarli per fare una fresca limonata estiva. La mia sorpresa è stata che adesso ci sono sia i limoni della stagione passata che i limoni della prossima stagione. Il giallo a fianco del verde, il vecchio accanto al nuovo è una bellissima immagine che evoca come l’intelligenza dell’uomo possa andare di pari passa a quella della natura.
Mentre ero sotto la loro chioma a ripararmi dal caldo del Cilento, mi raggiungono gli amici di Cilento Lab e insieme saliamo in macchina diretti da Giovanni Caputo, il bidello di Torre Orsaia che ha quell’orto, magico custode della biodiversità cilentana. La sincronicità a cui ormai mi sono abituato oggi si manifesta con una frase di Gianmario: oggi vorrei mangiare solo frutta e verdura. Detto fatto: arriviamo a casa di Giovanni e subito partiamo a visitare il suo orto e guardate che cosa abbiamo fatto per la prima oretta.
Ho ancora in bocca il gusto di quella prugna. Non vi dico dell’uva fragola e il sapore dei fichi cilentani. I fichi erano di cinque tipi diversi, solo uno nero ma tutti incredibili. Gianmario e Alessandro hanno gustato tutto e io vi assicuro che non ho tralasciato niente.
L’orto chiaramente non aveva solo fichi. I fagioli troneggiavano nella parte bassa, le zucche e i peperoncini crescevano all’ombra dell’uva fragola. Giovanni Caputo non ha mancato di raccontarci i pregi per la nostra memoria degli infusi con l’erba cavallina e chiaramente della grizza sono state subito descritte le capacità curative contro le punture da insetti.
Ma come al solito le sorprese non erano finite. Ci siamo incamminati per la parte scosciesa dell’orto quella dove Giovanni ha messo a dimora i peri e i meli inframezzando gli alberi con pannocchie di mais. E’ inutile dire che questo mi ha distratto e non ho preso nota delle varietà presenti. Mi ricordo che sono almeno 8 tipi di mele e non so quante di pere. Sono tutte cilentane, tutte coltivate senza nessuna aggiunta di qualsiasi sostanza chimica che biologica e tutte eccezionali. Guardate quel vespone come se la gusta. Ad ogni passo veniva ribadito che i migliori testimoni della totale assenza di inquinamento da qualsiasi sostanza sono la presenza degli animali insetti o rane che siano. Mentre facevamo la foto ricordo tutti e tre mi ricordavano dell’esperienza di catalogazione delle varietà arboricole cilentane fatta dalla Cooperativa Arcella e mi hanno sfidato a riconoscere quei frutti all’interno della loro documentazione. Hanno catalogato più di 30 varietà di mele e una quarantina di pere autoctone cilentane. Giovanni ci ha assicurato che continuerà nel suo lavoro di preservazione e la prossima volta ne vedremo sicuramente delle altre.
Ripetendovi l’invito a guardare l’intero catalogato da Arcella
Mentre sotto quell’albero tutti ribadivamo l’importanza di continuare i lavoro fatto sia da Giovanni che dalla Cooperativa Arcella mi sono venute in mente i lavori analoghi che stanno avvenendo nelle grosse città a proposito della Frutta Urbana. Non siamo in città, ma ormai si parla tutti di Smart Land per cui il tema potrebbe essere applicato anche al Cilento. Immaginando delle mappe che indichino tutti gli alberi autoctoni, chi li sta conservando e quanti ce ne sono, mi ritornato alla bocca il sapore di quella prugna e ho pensato che in realtà l’orto di Giovanni Caputo è già una componente di quella città edibile che hanno inventato a Todmorden e della quale sono un fan sconsiderato.
Se al posto delle uova la mappa di Todmordem avesse avuto le frutta in eccedenza Gianmario avrebbe saputo subito dove mangiare solo frutta e verdura ma noi magari avremmo perso l’occasione di passare un pomeriggio nell’eden di Giovanni Caputo!!!