Filiera del Pane Territoriale Ponte Valtellina

Sabato sono stato a Ponte Valtellina ad assistere all’incontro sulla Filiera del Pane Territoriale. E’ un progetto a cui sono molto affezionato e devo dire che tutti gli amici che lo sostengono in valle hanno aggiunto ai passi precedenti l’ennesima attività di qualità. La rappresentante del Gastellina, Patrizio Mazzucchelli e Cleto Della Valle hanno evidenziato il loro contributo al progetto e sottolineato che questo è la testimonianza fattiva della collaborazione tra tutti gli elementi delle comunità. Senza il lavoro di Patrizio sul recupero delle specie antiche di cereali non avremmo avuto le sementi di qualità. Senza il suo stimolo a riprendere la coltivazione delle terre in quota vuoi con l’orzo o la segale, vuoi con il grano saraceno non avremmo la farina per fare il pane. Senza questo percorso non sarebbero stati recuperati i campi a Ponte per essere seminati a segale e adesso a grano saraceno. Cleto avrebbe aspettato ancora molto tempo a riaprire il suo forno a Berola e il Gastellina avrebbe dovuto ancora attendere per fare i suoi ordini di pane di segale. Ma tutto questo è accaduto e nella Biblioteca di Ponte lo hanno giustamente celebrato tante persone con entusiasmo.  Se questo era il pane Fausto Gusmeroli ha voluto aggiungervi il companatico. Sono proprio queste le parole con le quali ha esordito: cercherò di illustrarvi qual’è il contesto che dà il senso ad attività come costruire una Filiera del Pane.

La biodiversità è il grado di vita selvatica, risultato della varietà e variabilità tra gli organismi viventi e i complessi ecologici nei quali essi sono presenti ed è condizione imprescindibile per la vita.  Non sappiamo perché questa esista. Sia che sia frutto dell’evoluzione,  sia che rappresenti il fine di un percorso filogenetico, sia che sia l’attrattore del sistema biosfera sappiamo che gli ecosistemi tendono a massimizzare la biodiversità. Sappiamo che la biodiversità tende al complesso e sappiamo che dove si distruggono le culture anche questa viene distrutta. Da tutto questo deduciamo che difendendo la diversità difendiamo la vita.
 Filiera del Pane Territoriale Ponte Valtellina - Livelli di BiodiversitàLa biodiversità è presente a tutti questi livelli: dal suborganico, all’organico, all’ecologico e a livello paesaggistico. Tutti questi livelli sono connessi e ogni volta che diminuisce la biodiversità questa perdita si ripercuote anche ai livelli più bassi.  Noi non trasmettiamo solo il DNA ma anche l’epigenoma che è l’interfaccia tra noi e l’ambiente: si è scoperto che l’esposizione alle sostanze chimiche muta l’epigenoma e questa mutazione si trasmette per 7 generazioni. Le specie coevolvono: gli habitat sono popolati da specie diverse e questi evolvono insieme. Non possiamo quindi limitarci a preservare una singola specie. Gli ecosistemi interagiscono tra di loro ed è per questo che si è introdotto il concetto di l’ecologia del paesaggio, il livello più esterno. A tutto questo è utile aggiungere un altro livello: la diversità culturale dell’uomo, la specie generalista che ha occupato il pianeta. Tutta la biodiversità è sotto il controllo dell’uomo perché è l’unica specie che trasforma l’ambiente mentre tutte le altre vi si adattano. Noi lo modifichiamo per renderlo adatto a noi.
L’uomo ha sempre interferito con la biodiversità del pianeta. Nel paleolitico inizia con due grandi misfatti: l’estinzione delle megafaune terrestri del tardo pleistocene come le tigri con i denti di sciabola. Ma la cosa più incredibile è che è responsabile dell’estinzione di altre specie di Homo come l’uomo di Neanderthal. Il sapiens che adesso domina ha ancora qualche gene di quella specie. Probabilmente gli altri erano più pacifici e l’inganno, introdotto dal sapiens, è stata l’arma che alla fine lo ha reso il dominatore incontrastato. Nel neolitico viene registrata la più grande mutazione di biodiversità con l’introduzione dell’agricoltura.  La trasformazione degli ecosistemi in agroecosistemi unita all’introduzione della metallurgia, grande consumatrice di legno, ha posto il sigillo definitivo sull’idea che l’uomo potesse manipolare l’ambiente in cui viveva piegandolo alle sue esigenze. Ma è con l’età moderna, che si potrebbe chiamare antropocene, che l’uomo occidentale pensa di poter disporre di tutte le altre specie. E’ con l’alterazione del ciclo dell’azoto (agricoltura) e del carbonio (trasporti) che l’uomo sta mettendo a rischio in maniera irrefrenabile l’intera biodiversità del pianeta.
Filiera del Pane Territoriale Ponte Valtellina - Perdita di specie agronomiche
Paradossalmente l’antropocene sta distruggendo quanto aveva imposto nel neolitico. I sistemi agricoli intensivi distruggono dell’agrobiodiversità. Nella sua evoluzione, l’umanità si è nutrita con oltre ottomila specie vegetali, tremila delle quali usate in maniera significativa. Ora si fa affidamento su sole otto specie per produrre il 75% del cibo mondiale e con l’ingegneria genetica il campo si sta restringendo a tre specie: mais, soia e colza. Quanto più un sistema è povero di diversità, tanto più risulta vulnerabile ai cambiamenti e a rischio di derive irreversibili. E’ questa seconda rivoluzione verde, come è stata chiamata, unita al cambiamento climatico in corso, naturale o indotto che sia, che sta dando il colpo finale alla biodiversità complessiva del pianeta.
Filiera del Pane Territoriale Ponte Valtellina - Perdita di Specie
Non riusciamo a ragionare neanche utilizzando metriche di carattere utilitaristico:  noi usiamo i prodotti della terra e ogni volta che diminuiamo la biodiversità il sistema diventa più fragile. Quando sparisce una specie diminuisce complessivamente la capacità di relazione dell’intero sistema. Se sappiamo che non dobbiamo ridurre la complessità perché non capiamo che dovremmo fermarci? Guardate i numeri della slide e verificate voi stessi che siamo di fronte ad un caso di autolesionismo collettivo. Nei prossimi 50 anni perderemo tra il 10 – 20% delle specie e noi saremo la causa della sesta estinzione di massa.
E’ con queste domande, lasciate all’intelligenza di ognuno dei presenti, che Fausto abbandona la fase della denuncia e fornisce qualche stimolo per valorizzare quello che tutti noi in quella stanza stavamo vivendo. Introduce a sorpresa uno studio che proprio non conoscevo, dove viene messa in relazione il numero delle lingue presenti in un paese con la quantità dei vertebrati che lo abitano. La diversità bioculturale afferma che i paesi con la maggior quantità di lingue hanno anche la maggior quantità di vertebrati.  Sembra esistere una correlazione diretta tra la complessità culturale e la biodiversità ambientale. Bisogna dunque tutelare le culture locali ma questa tutela non può non passare che da una diminuzione dell’antropocentrismo e dalla loro capacità di conservare la biodiversità dei territori che abitano.
Filiera del Pane Territoriale Ponte Valtellina - Tutelare le Agricolture Tradizionali e Organiche
Quasi a chiudere il cerchio, con l’ultima slide Fausto ribadisce che le agricolture di un tempo si fondavano su genotipi diversi uno per territorio. L’agricoltura intensiva vuole che tutti usino solo un genotipo e che in un campo ce ne sia un solo, considerando tutte le altre specie presenti infestanti che devono essere distrutte. Non è vero che abbiamo bisogno dell’agricoltura intensiva e al Rodale Institute hanno dimostrato che le agricolture biologiche possono raggiungere rese equivalenti consumando meno energia.
Mi domando ancora se le parole “stanno trasformando in rendita i patrimoni genetici: fermiamoli”  le abbia pronunciate Fausto passando la parola a Patrizio o siano venute su direttamente dai cestelli di patate, di coste rosse e gialle e dal cetriolo dell’Himalaia che giacevano sotto il tavolo degli oratori o dal pane di segale assaggiato poi al forno di Cleto.
A proposito Fausto, in un altro intervento trovato su youtube consigliava di guardare il film Home che trovate qui

 


3 Comments

Leave a comment

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.