La pastorizia transumante, una pratica antica da riscoprire

Sempre più ci si interroga sul futuro dell’agricoltura e dell’allevamento nell’ambiente montano e su quali siano le possibili soluzioni per consentire il proseguimento di queste importanti attività primarie in un ambito caratterizzato da svantaggi naturali permanenti. Nonostante le produzioni tipiche dell’agricoltura di montagna siano generalmente apprezzate e venga da più parti riconosciuta l’esistenza di un valore estrinseco paesaggistico-culturale e ambientale nelle attività agricole e zootecniche, si riscontrano crescenti difficoltà nel garantire stabilità e continuità a tali attività, depositarie di antiche tradizioni e conoscenze.

Nel corso degli ultimi decenni purtroppo l’allevamento zootecnico nell’area alpina ha registrato nel complesso una forte diminuzione sia come numero di capi allevati sia come numero di aziende, in seguito all’orientamento degli operatori verso attività più remunerative, in genere extra-agricole.

Una delle attività tradizionali che perdurano, nonostante una moltitudine di problemi legati alla modernità, è quella della pastorizia ovina transumante, che oggi più che mai dopo essere stata a lungo dimenticata, come sostiene anche la Coldiretti,  sta vivendo un grande momento di riscossa.

La transumanza è una pratica antica. Consiste nello spostamento del gregge o della mandria nei pascoli a valle durante la stagione fredda, e in quelli di montagna durante quella estiva: si tratta della naturale ricerca di cibo che porta il gruppo a viaggiare inseguendone la migliore abbondanza – che nella monticazione e nella demonticazione (cioè la salita e la discesa dal monte) ricorda un moto di marea, o un respiro.

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Il Lombardia l’allevamento delle pecore, presenta una forte componente di allevamento transumante con 70.000 ovini e circa 70 pastori che sono dediti a questa attività da lunghe generazioni. Non si tratta però di transumanza vera e propria come in centro Italia o nelle isole. In Lombardia le stalle di pianura non ci sono durante tutto l’inverno, pastori e greggi vivono sotto le intemperie. Sono imprese agricole a tutti gli effetti ma senza fissa dimora o meglio senza stalla invernale: le greggi vaganti sono formalmente individuate nella residenza del pastore proprietario del gregge.

La pastorizia vagante è un mestiere fuori dal tempo in quanto non prevede la separazione tra lavoro e vita: relazioni sociali e lavoro sono tutt’uno, la giornata lavorativa si allunga e si accorcia a seconda dei lavori e delle necessità delle greggi. E per fare tutto ciò ci vuole tanta passione.

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Ed è infatti  la grande passione  per questo lavoro antico che porta i pastori a muovere le loro greggi dalla montagna alla pianura e viceversa a seconda delle stagioni, che li porta a zig-zagare tra Comuni che consentono il transito sul loro territorio a quelli che lo vietano, ad attraversare strade trafficate, a spostare le greggi di notte perché c’è poco traffico, a tenere lontani  le greggi dai Parchi perché lì spesso sussiste il divieto al pascolo.

Il pastore deve sapere condurre il gregge e sapersi relazionare con gli agricoltori su cui terreni incolti possono essere condotti gli animali, con la polizia stradale per gli attraversamenti dei centri abitati, con i cittadini che si incontrano. Solo con delle buone relazioni e con la correttezza delle gestione sanitaria degli animali si riesce infatti ad ottenere il consenso e a pascolare con le propri greggi.

La pastorizia in Lombardia riveste un’importanza culturale di rilievo, tanto che è stata riconosciuta nel Registro delle eredità culturali immateriali lombarde, recependo la Convenzione UNESCO del 2003.

La pratica della pastorizia ovina vagante è inoltre un’attività totalmente ecologica. Consente di migliorare gli ambienti naturali, in quanto utilizza, per il pascolo degli animali, aree marginali non coltivate altrimenti destinate all’abbandono, consentendo altresì di preservare il fragile equilibrio ambientale e idrogeologico. Inoltre l’azione di contenimento della vegetazione invasiva e infestante incrementa la biodiversità vegetale e contribuisce alla stabilizzazione ecologica dell’ambiente oltre a mantenere produttive vastissime aree di agricoltura marginale.

Il report “Pastorizia e green economy: un nesso naturale?” (2013)  realizzato dall’organizzazione no-profit IUCN (Unione Mondiale per la Conservazione della Natura) ha certificato che negli ecosistemi più naturali (foreste , praterie, ecc.),  la pastorizia è in grado di mantenere la fertilità del terreno e gli stock di ossido di carbonio nel suolo, contribuendo sia alla regolazione idrica quanto alla conservazione della biodiversità. Inoltre la pastorizia è in grado di garantire altri effetti positivi, come la disponibilità di prodotti alimentari di alto valore.

Dalle Nazioni Unite arriva l’invito a investire per rafforzare la pastorizia, considerando che essa, ha spiegato il direttore esecutivo dell’United Nations Environment Programme Achim Steiner, “è molto più in accordo con gli obiettivi della green economy di tanti nostri metodi moderni di allevare gli animali”. Tra le azioni necessarie ci sono la connessione dei pastori con il mercato, la valorizzazione delle nicchie di mercato che si stanno creando per prodotti sostenibili, come quelli provenienti dalla pastorizia non intensiva, e il rafforzamento dei diritti di proprietà degli allevatori sulle terre.

Per quanto riguarda le razze , una di quelle più diffuse in Lombardia è la pecora Bergamasca, che con quella Biellese è particolarmente adatta alla transumanza. La Bergamasca è anche una delle razze di pecora più grandi e più rustiche al mondo. La sua patria originaria è l’Altopiano di Clusone e le contigue valli bergamasche. Grazie alle sue caratteristiche di adattabilità, si è diffusa anche in altre regioni: Marche, Umbria, Abruzzo, Veneto e Liguria. Da questa razza di produce una carne di eccellenti doti organolettiche e della lana utilizzabile soprattutto nella bioedilizia. Il latte viene invece poppato totalmente dagli agnellini.

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Negli ultimi anni gli i progetti e le iniziative volti a promuovere il pastoralismo si stanno moltiplicando.

Nel 2013 la Regione Lombardia ha scritto le proprie Linee d’indirizzo regionali pastorizia ovina vagante. Dal 2015 insieme all’Ente regionale per i Servizi alle Foreste e all’Agricoltura (ERSAF) e all’Università di Milano, Dipartimento di scienze Veterinarie per la Salute, la Produzione animale e la sicurezza Alimentare (VESPA), ha avviato un progetto sperimentale nelle province di Brescia e Bergamo che prevede il monitoraggio degli spostamenti delle pecore con un collare GPS.

Il progetto che intende sviluppare una precedente ricerca che aveva focus sul “Controllo epidemiologico delle greggi transumanti“, si prefigge di tracciare i tradizionali percorsi utilizzati dalle greggi durante la transumanza (le cosiddette bàtide), per valutare la possibilità di utilizzare le stesse per operazioni di manutenzione del territorio e per un migliore coordinamento con i territori interessati dall’attraversamento delle greggi.

In alti luoghi e regioni sono stati attivati progetti per coniugare il pascolo ovino con una più efficace gestione del territorio, come a Ferrara, dove è stato realizzato un progetto di pascolamento delle greggi sotto le mura estensi in accordo con un pastore bresciano. Mentre il Comune di  Brescia ha promosso e stipulato  un  Protocollo d’Intesa con l’Associazione di Pastori Lombardi per riconoscere le vie di transumanza nel Comune e gestirle  nel modo più appropriato.

Sempre più frequenti sono anche le iniziative di comunicazione legate alla pastorizia.

Il prossimo 9 giugno mattina, presso la sede di Brescia della Regione Lombardia (ufficio territoriale regionale di via Dalmazia 92/94), si terrà il  Workshop  LA PASTORIZIA TRANSUMANTE NELLA VALLE PADANA. Custodia del territorio, pratiche tradizionali, cultura e prodotti  zootecnici ad alto valore ambientale

L’iniziativa è organizzata dalla Direzione Generale Agricoltura della Regione Lombardia in collaborazione con ERSAF e con l’Università di Milano con l’intento di:

  • far conoscere i temi della pastorizia ovina, con i suoi risvolti culturali, ambientali, territoriali e sanitari
  • presentare gli esiti della sperimentazione prevista dal progetto GPS
  • presentare alcune esperienze di buone pratiche attivate tra pastori ed amministrazioni pubbliche
  • diffondere il consumo degli assortimenti di carne di Pecora Bergamasca eccellente per la qualità unica dei foraggi e per le tipiche caratteristiche organolettiche di razza
  • avviare percorsi di confronto e risoluzione di eventuali criticità legate all’attività della transumanza ovina

PROGRAMMA workshop 9 giugno, LA PASTORIZIA TRANSUMANTE


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