Economia Sociale Solidale

Per un cambiamento trasformatore e sistemico

L’economia sociale solidale (ESS) è una alternativa al capitalismo e ai sistemi economici autoritari controllati dallo Stato. Nella ESS, la gente comune svolge un ruolo attivo per determinare il corso di tutte le dimensioni della vita umana: economica, sociale, culturale, politica e ambientale. La ESS esiste in tutti i settori dell’economia – produzione, finanza, distribuzione, scambi, consumo e governo (vedi il grafico più avanti). La ESS desidera fortemente trasformare il sistema sociale ed economico, che comprende i settori pubblici e quelli privati, così come il terzo settore, come si vedrà in maggior dettaglio più avanti. Nella ESS non si tratta soltanto di ridurre la povertà, ma di superare tutte le diseguaglianze, che pesano su tutte le classi sociali. La ESS ha la capacità di utilizzare le migliori competenze del sistema attuale (come l’efficienza e l’uso della tecnologia e delle conoscenze) e di canalizzarle a beneficio della comunità, in base ai valori e agli obiettivi comuni.

I movimenti della EES devono fare attenzione a non farsi cooptare con i suoi valori in prospettive estranee alla ESS. La ESS spinge verso una trasformazione sociale che va molto al di là di un cambiamento superficiale nel quale permangono intatte le radici oppressive strutturali. Vari esempi di questo rischio sono chiaramente visibili, dalle imprese che cercano di “dipingere di verde” le loro attività, fino ad un rafforzamento del delle politiche per il benessere sociale, che però ignorano le strutture sottostanti che mantengono o addirittura intensificano le diseguaglianze.

I protagonisti della ESS devono quindi evitare di idealizzare se stessi come “i buoni”. Al contrario, dobbiamo attivamente creare e ricreare le nostre aspirazioni, e imparare a evitare di riprodurre il sessismo, il razzismo, la omofobia, il classismo e altre forme di oppressione e discriminazione.

ECONOMIA SOCIALE SOLIDALE - Sinossi

Valori

L’economia sociale solidale è un approccio etico e basato sui principi allo sviluppo economico, che dà priorità al benessere delle popolazioni e del pianeta nei confronti dei profitti e di uno sviluppo cieco. Ricordiamo quali sono i valori formulati nella Carta di RIPESS, che riportiamo nel riquadro:

  • Umanesimo
    Collochiamo l’essere umano, la sua dignità, la sua cultura e il suo sviluppo completo al centro dei nostri sforzi. Siamo impegnati nella costruzione e nella promozione di progetti che rafforzino le capacità utili allo sviluppo individuale e collettivo per il benessere delle persone. Per questa ragione, promuoviamo il rispetto illimitato, l’esercizio pieno e la interrelazione tra diritti civili, politici, economici, sociali, culturali e ambientali riconosciuti nelle diverse Carte e trattati internazionali concernenti i diritti umani.
  • Democrazia
    Siamo convinti che il mondo, nelle sue diverse società, luoghi di lavoro e di vita, e organizzazioni, dovrebbero essere costruito in maniera partecipativa, partendo dal rispetto del diritto delle persone e dei popoli di decidere il proprio sviluppo. Consideriamo la politica come uno spazio di relazioni orizzontali tra le persone e tra le collettività sociali nella loro ricerca di soddisfare le necessità comuni. Promuoviamo una democrazia partecipativa basata sulla partecipazione dei cittadini nelle decisioni politiche a tutti i livelli della sfera pubblica. Siamo in favore di una democrazia economica basata sulla capacità delle persone di assumere delle decisioni sugli affari che le concernono a seconda delle loro condizioni di lavoratori, consumatori, produttori e riproduttori, così come del carattere pubblico delle decisioni relative a cosa si produce, come si produce, per cosa si produce e come si ridistribuiscono o si investono le eccedenze.
  • Solidarietà
    Mettiamo in evidenza la solidarietà in quanto elemento che ci permette di riconoscerci rispetto agli altri e di preoccuparci per il loro benessere. Ciò comporta mobilitare risorse e stabilire delle relazioni con altri collettivi e movimenti sociali, nello sforzo di costruire una rete di grandi dimensioni formata da persone e organizzazioni che intendono costruire un mondo più giusto, democratico ed ugualitario.
  • Inclusività
    Siamo una rete aperta ad un insieme di pratiche di solidarietà in economia, quali emergono nelle diverse realtà e settori. In questa prospettiva, è nostro scopo avviare dei dialoghi basati sul rispetto delle differenze ideologiche e sulla ricerca del consenso.
  • Sussidiarietà
    Riconosciamo e diamo valore alle capacità e ai saperi di persone e gruppi, per risolvere i loro problemi e per decidere sui rispettivi progetti. Nei nostri interventi, cerchiamo di far prevalere lo sviluppo dalla base, promuovendo organizzazioni e associazioni dirette ad affrontare problemi comuni e che sono disponibili a realizzare sforzi sempre maggiori.
  • Diversità
    Promuoviamo il rispetto verso la diversità etnica e culturale e verso l’identità sessuale. Promuoviamo anche le diverse espressioni della imprenditorialità per rispondere nella maniera migliore alla realtà esistente. Stimoliamo la diversificazione tra gli attori della economia sociale solidale, affinché tutti i settori della società siano rappresentati e possano difendere i loro interessi, in particolare le donne e i gruppi sociali emarginati dal sistema attuale.
  • Creatività
    Stimoliamo le innovazioni e le esperienze creative e critiche, in modo che possano contribuire nella maniera migliore al cambiamento sociale. Promuoviamo ugualmente la adozione di tecnologie appropriate, che corrispondano alla specificità dei problemi, con le risorse disponibili nelle diverse situazioni culturali e nei differenti contesti.
  • Sviluppo sostenibile
    Affermiamo la nostra volontà di promuovere lo sviluppo sostenibile, proteggendo l’ambiente e la biodiversità e favorendo delle relazioni armoniche tra l’uomo e la natura e tra spirito e corpo, in modo che le risorse che ci offre la natura siano utilizzate razionalmente per soddisfare le necessità delle persone, rispettando l’equilibrio degli ecosistemi. Per questo mettiamo in discussione l’attuale modello neoliberista di crescita economica, che minaccia la vita sul pianeta.
  • Uguaglianza, equità e giustizia per tutti e tutte
    Inseriamo la nostra azione nel quadro della lotta contro ogni forma di discriminazione e di dominio. In particolar modo, la discriminazione e l’oppressione verso le donne, i bambini, i giovani, gli adulti in età avanzata, i popoli autoctoni, i poveri e le persone con disabilità devono essere sradicate.
  • Rispetto e integrazione tra i paesi e i popoli
    Ci opponiamo a qualunque tipo di dominazione economica, politica e culturale del Nord sui paesi del Sud. Sosteniamo la proposta alternativa di una integrazione basata sulla cooperazione e sulla complementarietà tra paesi del Nord e del Sud, avendo come scopo la globalizzazione della solidarietà.
  • Una economia plurale e solidale.
    Contro un modello economico neoliberista che esclude persone e popoli e riduce le motivazione delle attività economiche alla sola ricerca di profitti e di interessi particolari, concependo soltanto una economia di mercato senza regole come la unica che possa creare ricchezza e occupazione, noi sosteniamo la validità e le azioni a favore di una economia plurale e solidale. Proponiamo e lavoriamo per una economia che metta insieme e ponga in equilibrio logiche di accumulazione, ridistribuzione, e reciprocità espresse in un mercato regolato democraticamente, nonché la riassegnazione in senso più equo delle risorse, attraverso uno Stato partecipato e la diffusione di pratiche di mutualità, nel quadro di una società e di una cultura solidali.

Protagonisti, settori e pratiche della ESS

Autogestione e proprietà collettiva
L’autogestione e la proprietà collettiva nel luogo di lavoro e nella comunità sono concetti centrali nell’economia solidale. Nel mondo si utilizzano vari termini per riferirsi alle strutture proprietarie a gestione collettiva. In alcune parti dell’Africa, ad esempio, si evita di usare il termine di cooperativa, poiché ha dei collegamenti storici negativi e si preferisce in questi casi il termine “gestioni collegiali”.

  • Esistono diverse espressioni per indicare una autogestione e una proprietà collettiva, ivi inclusa quella di cooperative (di lavoratori, di produttori, di consumatori, cooperative di credito e di abitazione, ecc.), imprese sociali collettive, gestione partecipata di beni comuni (ad esempio gestione comunitaria dell’acqua, della pesca e dei boschi)
  • Il riconoscimento legale di queste pratiche di cooperazione, di collaborazione e di partecipazione non è un requisito richiesto per la loro inclusione nella ESS
  • Una proprietà assunta dai lavoratori è una delle possibili forme per conseguire la democrazia in un luogo di lavoro, ma altre forme di gestione collettiva potranno essere accolte e discusse dal movimento della ESS.

Lavoro e scambi non monetizzati
Il lavoro e gli scambi non monetizzati sono componenti importanti della ESS. Il lavoro dovrebbe essere rispettato e valorizzato, sia o non remunerato, dai beni e servizi che fornisce e perché genera senso di soddisfazione, felicità e riconoscimento sociale ai lavoratori.

  • Il movimento della ESS dovrebbe discutere e proporre nuove modalità di misurazione e valorizzazione del lavoro non remunerato, per garantirgli visibilità in quanto parte importante dell’economia
  • Ad esempio, mentre la povertà e altre pressioni economiche spingono la gente ad emigrare, attività di cura sociali come la cura dei bambini, che tradizionalmente sono state fornite da parenti anziani, diventano lavori a pagamento Queste tendenze portano a erodere il riconoscimento tradizionale del ruolo sociale svolto dalle persone anziane nella comunità.

Movimenti sociali
La economia solidale concentra la sua attenzione sul riconoscimento e rafforzamento delle donne e di altri gruppi emarginati, così come sulla lotta per la inclusione sociale e contro la povertà.

In base a questo impegno, riconosciamo l’importanza di avere collegamenti stabili con i movimenti sociali che lottano per la giustizia sociale ed economica per il lavoro, compreso quello delle donne, con i movimenti che rivendicano la riforma agraria, con quelli dei contadini e delle contadine, con quello dei senzatetto, delle persone povere, dei popoli indigeni e dei movimenti ecologisti.

ECONOMIA SOCIALE SOLIDALE - movimenti sociali e settori istituzionali

Basi fertili e alleate

Diversi movimenti hanno visioni affini a quelle di ESS e potranno costituire degli alleati potenziali importanti del movimento. Alcune di queste basi fertili sono in qualche misura allineate con l’economia solidale, senza essere parte di essa, come nel caso della economia popolare e del settore informale. Altri settori si identificano in un aspetto particolare che è in linea con i valori dell’economia solidale – ad esempio il commercio equo e solidale, biologico o ecologico – ma possono essere in conflitto in modo strutturale con altri valori. Senza dubbio esistono notevoli potenzialità per la costruzione di alleanze e collaborazioni che si possono sostenere a vicenda.

  • Economia popolare ed economia informale, il settore popolare o informale dell’economia riveste una notevole importanza, dato che molte persone, in particolare quelle che sono al Sud, dipendono da queste attività per la loro sopravvivenza. Ad esempio, i tre quarti della popolazione del Mali sono inseriti nella economia informale. L’economia popolare comprende delle attività economiche non coperte da regolamentazioni formali nel campo fiscale, della protezione del lavoro, del salario minimo, delle prestazioni per la disoccupazione o dei documenti legali. Molti degli uomini e delle donne che sono lavoratori autonomi, delle microimprese, dei commercianti e degli accordi di mutuo aiuto fanno parte della economia popolare. Anche se l’economia popolare non è la stessa cosa della economia solidale, le due coincidono per molti aspetti, poiché i protagonisti sociali realizzano frequentemente forme collettive di risposta alle necessità sociali ed economiche, ad esempio circuiti informali di prestito, ristoranti popolari, circoli di mutuo aiuto, sistemi di assicurazione mutua e altri accordi su base informale.
  • Commercio biologico, ecologico ed equo e solidale: esistono diverse correnti e movimenti che riflettono valori associati all’economia solidale, che però non necessariamente possono considerarsi parte dell’economia solidale. Un esempio potrebbe essere WAL-Mart, che ha una sua marca di caffè certificato dalla Alleanza per la Foresta Pluviale, ma che nello stesso tempo cerca di spaccare i sindacati e usa la sua enorme quota di mercato per ridurre i prezzi di acquisto delle materie prime e i salari dell’azienda. Senza dubbio, alcuni gruppi di questi settori possono essere alleati validi e altri già fanno parte dell’economia sociale solidale.
  • Le pratiche dei consumatori, le abitudini di consumo basate sui valori della ESS sono uno strumento importante per trasformare il sistema di produzione. Esse comprendono forme collettive di consumo, come ad esempio le cooperative di consumo, gruppi di acquisto solidali, cucine collettive e altre pratiche associate ad una economia della condivisione, a un consumo etico e alla semplicità volontaria.

Tenendo conto del fatto che la proprietà e la gestione democratica e collettiva sono valori essenziali della Ess, sorge la domanda se si debba includere nella economia sociale solidale i lavoratori autonomi, donne e uomini, che sono in armonia con i principi della ESS. Nella discussione si è giunti ad un accordo sul fatto che i collettivi e gli affiliati del sindacato dei lavoratori indipendenti dei Freelancers degli Stati Uniti o alla rete Homenet del settore dei lavoratori a domicilio nell’Asia del Sud est fanno parte della ESS. Il dibattito più ampio sulle relazioni tra la ESS e i lavoratori autonomi richiede invece una discussione più approfondita.

Esplorazione e discussione di concetti basilari

RIPESS si ispira e riconosce l’importanza dei seguenti concetti e approcci, pur tenendo in considerazione che anche che la nostra comprensione di ciascuno di questi approcci deve essere approfondita e dibattuta. Questo è un lavoro in corso.

Economia sociale ed Economia solidale

L’economia sociale, (grafico 3), viene intesa comunemente come un “terzo settore” dell’economia, che si integra con un primo settore (privato con fini di profitto) ed un secondo (pubblico/pianificato). Il terzo settore comprende le cooperative, le mutue, le associazioni e le fondazioni (CMAF). Queste entità si organizzano in forma collettiva e sono orientate al perseguimento di obiettivi sociali, che sono considerati prioritari rispetto ai guadagni o alle entrate degli azionisti. L’obiettivo principale delle CMAF , in quanto società di persone, non è quello di massimizzare i profitti ma quello di conseguire obiettivi sociali (anche se ciò non esclude di poter ottenere degli utili, che sono necessari per effettuare dei reinvestimenti). Alcuni ritengono che l’economia sociale è il terzo versante del capitalismo, che si aggiunge ai settori pubblici e privati. Invece i sostenitori dell’economia sociale premono affinché sia concessa all’economia sociale la stessa legittimazione degli altri due settori, pubblico e privato, con un livello corrispondente di sostegno in materia di risorse e di politiche pubbliche. Altri, che hanno una prospettiva più radicale di questo schema, ritengono che l’economia sociale costituisca una prima fase di una trasformazione fondamentale del sistema economico.

ECONOMIA SOCIALE SOLIDALE - Economia Solidale

L’economia solidale (grafico 4) aspira a trasformare in modo olistico il sistema sociale ed economico e propone un paradigma alternativo di sviluppo che rispetti i principi dell’economia solidale. Si persegue una trasformazione del sistema economico capitalista neoliberista, per trasformare un sistema che dà la priorità alla massimizzazione dei profitti privati e alla crescita cieca, in un sistema che ponga al suo centro le persone e il pianeta. L’economia solidale come sistema economico alternativo comprende tra le sue proposte i tre settori, privato, pubblico e il terzo settore.

L’economia solidale cerca di riorientare e canalizzare lo Stato, le politiche pubbliche, il commercio, la produzione, la distribuzione, il consumo, gli investimenti, il denaro, la finanza e le strutture della proprietà al servizio del benessere delle persone e dell’ambiente. Ciò che distingue il movimento che promuove l’economia solidale da molti altri movimenti che operano per il cambiamento sociale e da quelli rivoluzionari del passato, è il suo carattere pluralista, che evita di seguire modelli rigidi e la fede in un solo percorso corretto. L’economia solidale valorizza e si basa su pratiche concrete, molte delle quali sono anche piuttosto antiche. L’economia solidale non propone di creare delle utopie a partire da un’unica teoria: riconosce che una utopia concreta già esiste ed è in cammino. Ha le sue radici nelle pratiche della democrazia partecipativa e promuove una nuova visione dell’economia che valorizza le relazioni sociali e non le merci. L’economia solidale propone esplicitamente una agenda sistemica, trasformatrice, post-capitalista. L’economia sociale fa riferimento ad un settore che può, o meno, a seconda dei protagonisti, essere parte di una agenda di trasformazione post-capitalista.

RIPESS usa il termine di economia sociale solidale per comprendere sia l’economia solidale che gli elementi più radicali dell’economia sociale. Definire il carattere dell’economia sociale solidale è un processo complesso e continuo. Ad esempio, la definizione dell’economia solidale che si usa in Brasile fu sviluppata da protagonisti di base e da gruppi che promuovono l’ESS, durante molti anni, e passando attraverso Forum, incontri e consultazioni.

ECONOMIA SOCIALE SOLIDALE - Economia Sociale

Impresa sociale
Un confronto tra le definizioni del termine Impresa sociale utilizzato dalle associazioni di imprese sociali nel Regno Unito, negli Stati Uniti, in Europa e nel Canada mostra che esse hanno in comune le seguenti caratteristiche: 1) l’impresa persegue un fine sociale, come combattere la povertà o l’esclusione sociale; 2) l’impresa produce un reddito attraverso la vendita di beni e servizi, invece di dipendere da delle sovvenzioni; 3) gli utili sono reinvestiti nella missione sociale invece di massimizzare il valore per i detentori di azioni.

Dove le definizioni sono diverse è rispetto ai termini di proprietà e di controllo. Nel caso di azionisti (stock-holders), il controllo è conferito ai proprietari, vale a dire all’individuo o al gruppo di investitori che possiedono azioni della impresa. In questo caso, il controllo appartiene al capitale, ovvero in relazione alla quantità di denaro investito. Altro caso è quello che attribuisce il controllo a una entità che rappresenta le parti interessate (stake-holders), ovvero coloro che hanno un interesse o una partecipazione – non soltanto monetaria – nella impresa. Ciò può includere i lavoratori, la comunità, i beneficiari, o una organizzazione senza fini di lucro.

Mentre le associazioni del Regno Unito e degli Stati Uniti comprendono ambedue le forme di impresa sociale, ossia quelle controllate dagli azionisti e quelle controllate dalle parti interessate, le associazioni europee e canadesi restringono la loro definizione per includere soltanto il modello che si concentra sul controllo delle parti interessate.

 

 

Finalità Sociali Attivi nella vendita di beni e servizi Reinvestimento utili in attività sociali Proprietà / controllo e autogestione / azionariato
 

Imprese Sociali

(modello Regno Unito)

Si Si Si Misto
Imprese Sociali

(Europeo)

 

Si Si Si Misto
EMES Europa

 

Si Si Si Soci autogestione
Imprese Non Profit (Canada)

 

Si Si Si Organizzazioni senza fine di lucro

Tenendo presente che la ESS sostiene che la autogestione e la proprietà collettiva sul posto di lavoro e nelle comunità (v. sezione 3, pag.6) sono di importanza vitale, vi è un allineamento con il sottogruppo delle imprese sociali dove sono le parti interessate che esercitano la proprietà e il controllo. D’altra parte, analogamente a quanti si è visto nella nostra discussione sulla economia popolare (v. sezione 3, pagina 8), si può avere in questi casi la possibilità di alleanze con le imprese sociali controllate dagli investitori.

Riconosciamo che vi sono maggiori possibilità di alleanze con le imprese sociali più piccole e di proprietà locale. Riconosciamo inoltre che vi è il pericolo che le imprese sociali siano utilizzate per indebolire i programmi per il benessere sociale. In Europa, in particolare, le infrastrutture dell’assistenza sociale sono in corso di smantellamento e di privatizzazione. In alcuni casi, la prestazione dei servizi sociali attraverso le imprese sociali è una continuazione dello Stato sociale; in altri casi le imprese sociali vengono utilizzate in modo tale da permettere che lo Stato possa declinare le sue responsabilità.

Il “buen vivir” e i diritti della Madre Terra

La ESS aderisce al concetto che i diritti della Madre Terra sono legati al paradigma del “buen vivir” e che si basano sulla prospettiva indigena che gli esseri umani vivano nel rispetto e in armonia con la Madre Terra, invece di avere un rapporto con la natura soltanto utilitaristico. È necessario ricordare che il “buen vivir” non è un modello che si possa generalizzare. Le sue espressioni cambiano da una comunità, da una cultura e da un paese all’altro. Indubbiamente, le sue differenti espressioni tendono ad essere fortemente vincolate – e in essi ancorate – con elementi essenziali (sia materiali sia immateriali, quantificabili e non quantificabili) quali: i legami comunitari, la cultura, l’accesso alla terra, l’accesso ai mezzi di produzione e alle infrastrutture, alti livelli di partecipazione ed effettivo coinvolgimento delle comunità nelle decisioni che riguardano il proprio futuro, la sovranità alimentare, la pace, la eguaglianza di genere, la biodiversità, un ambiente sano e così via.

Crescita e decrescita

La ESS mette in discussione la presunzione che la crescita economica sia sempre positiva. Dal punto di vista della ESS, l’impatto dipende dalle fonti e dagli obiettivi della crescita. Per la ESS, il concetto di “sviluppo” è più utile di quello di crescita: gli esseri umani, ad esempio, smettono di crescere quando sono adulti, mentre non smettono mai di svilupparsi.

La ESS dovrebbe promuovere e contribuire allo sviluppo degli indicatori che cambiano quando si passa dalla crescita allo sviluppo e al “buen vivir”. La ESS ha bisogno di misure che permettano di prendere in considerazione il valore non solo delle risorse fisiche (terra, acqua, ecc.), ma anche di quelle immateriali, come la felicità, il benessere psicologico, lavorativo e sociale, le conoscenze indigene, il lavoro non monetizzabile, ecc.

Lo sviluppo deve attribuire la priorità all’ambiente così come alla redistribuzione del potere e della ricchezza tra ricchi e poveri. La ESS cerca di stimolare uno sviluppo economico che sia egualitario di per sé, il contrario quindi di uno sviluppo economico che pretenda, attraverso la redistribuzione, di mitigare a posteriori le grandi diseguaglianze create proprio dal modello economico stesso.

Lo sviluppo rurale riveste una particolare importanza per il benessere delle comunità rurali, oltre ad essere cruciale per la riduzione delle migrazioni forzate. Ad esempio, lo Stato dovrebbe proteggere le iniziative come la gestione comunitaria dei boschi in Nepal e in India dalla dominazione delle grandi corporazioni.

Nel suo sforzo di superare il paradigma dominante della crescita e le sue prospettive e pratiche, la ESS e il movimento per la decrescita condividono delle basi potenziali per una convergenza. Non vi è dubbio che il concetto di decrescita deve essere discusso in maggior dettaglio all’interno del movimento della ESS per sviluppare su questa base una comune comprensione.

Beni comuni

I beni comuni sono le risorse, sia naturali che create socialmente, che vengono gestite collettivamente a beneficio di una comunità o della terra. I beni comuni naturali comprendono, ad esempio, un’aria limpida e l’acqua, anche se questi sono sempre più privatizzati o utilizzati per interessi privati.

I beni comuni creati socialmente comprendono elementi come una lingua, le narrazioni popolari o Wikipedia. Pertanto, i beni comuni non si riferiscono unicamente alla protezione dell’ambiente, ma anche alle risorse sociali che sostengono i diritti essenziali alla salute, all’istruzione, all’uguaglianza e alla diversità.

I beni comuni non devono essere privatizzati. Devono essere amministrati dallo Stato e/o dalle comunità. Una prospettiva minoritaria nel laboratorio di Manila sulla visione globale, ha espresso una posizione per la quale se lo Stato e la comunità non dispongono delle risorse che permettano loro di proteggere e amministrare i beni comuni, il settore privato potrebbe essere coinvolto, a condizione che venga realizzato un controllo stretto e con la partecipazione della comunità in tutte le successive fasi del processo, ivi compresa la distribuzione dei benefici economici derivati dal suo uso.

Responsabilità sociale delle imprese (RSI)

Si notano diversi livelli di accettazione rispetto ai concetti di impresa sociale e di responsabilità sociale di impresa. Tutto ciò si complica per il fatto che nei diversi paesi esistono definizioni differenti di questi termini.

Il discorso e le pratiche della RSI hanno come obiettivo l’integrazione dell’approccio etico nelle pratiche delle imprese e, in teoria, possono essere compatibili con i valori della ESS. Nella pratica, anche se esistono molti esempi di RSI giudicati esperienze positive, esiste un pericolo reale che la RSI si utilizzi come uno strumento di relazioni pubbliche. Ad esempio, multinazionali come la Coca Cola e la Shell Oil possono presentarsi come dei campioni della sostenibilità, dello sviluppo economico locale, della crescita del potere economico della comunità, e allo stesso tempo possono attuare pratiche pregiudizievoli per i lavoratori, l’ambiente, le comunità locali, le piccole imprese o l’agricoltura contadina.

C’è poi il rischio che i governi, e le grandi imprese diano la preferenza all’aspetto volontario della RSI e non all’adozione e applicazione di un approccio dei diritti umani che si basi su degli obblighi giuridici. Gli attori della ESS devono approfittare delle opportunità della collaborazione fruttuosa della RSI quando esistano le condizioni di eguaglianza, stando però attenti a non essere cooptati.

Ruolo dello Stato e delle organizzazioni non governative

La ESS riconosce che i programmi di sviluppo comunitario realizzati dallo Stato possono essere efficienti, sempre che si realizzino secondo modalità partecipative. Per ottenere ciò sono necessari meccanismi che assicurino una partecipazione attiva delle comunità e delle organizzazioni della società civile nei processi decisionali, per la costruzione di politiche e programmi adeguati. Le esperienze di bilanci partecipativi possono costituire un esempio valido.

Le iniziative della ESS devono avere una piena autonomia e un riconoscimento, indipendentemente dalle loro situazioni giuridiche. I programmi dello Stato o delle ONG, pertanto, devono sostenere queste iniziative perché abbiano la facoltà di sviluppare le proprie priorità senza subire influenze esterne.

Facendo riferimento alla dichiarazione di www.ripess.org “Questo documento può essere riprodotto in parte o totalmente, a condizione che sia indicata la fonte” ci siamo permessi di riprodurre quella parte relativa alla terminologia, dell’articolo di comune-info,  “C’è vita fuori dal capitalismo”, per vedere se anche noi possiamo contribuire al dibattito partendo dalle stesse basi linguistiche. Abbiamo sostituito l’immagine dell’articolo originale, con una tipica di Ciboprossimo proprio per evocare l’individuazione di un attrezzo, in questo caso le parole, da utilizzare nella vita contadina e cioè i temi che trattiamo  tutti i giorni.  E’ evidente che invitiamo fortemente tutti ad approfondire leggendo l’originale.


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