Il Mais Rostrato Rosso di Rovetta

Il territorio

Dominato dal massiccio della Presolana, l’altopiano dove sorge Rovetta è un’ampia conca di origine alluvionale modellata in parte dall’azione del ghiacciaio camuno che in più occasioni si estese fino a qui. Ad eccezione di Castione della Presolana (1.000 / 1200 m), tutti gli altri comuni della conca hanno un’altitudine di 600 / 700 metri. Troviamo Clusone, il centro principale che vanta un ricco patrimonio storico ed una vivace zona commerciale, Rovetta, con una consolidata tradizione turistica e importanti richiami culturali, come la “Casa Museo Fantoni” e la pala del Tiepolo. Ci sono poi Fino del Monte, Songavazzo, Onore e infine Cerete, adagiata nella valle Borlezza che porta a Lovere. Tutti i comuni dell’altopiano vantano un’antica tradizione nel campo della produzione di mais, da sempre la coltivazione principale. La buona esposizione a sud, un clima estivo stabile e soleggiato ed un autunno solitamente mite favoriscono infatti la buona maturazione del cereale che dopo essere stato raccolto viene sottoposto alla fase di asciugatura, indispensabile prima della macinatura a pietra. Per decisione del Comune di Rovetta, tutti i comuni citati sono stati ufficialmente inclusi nella zona di produzione del Mais Rostrato Rosso di Rovetta.
Con il Mais Rostrato Rosso di Rovetta si preparano molte specialità gastronomiche, fra cui gallette, pasta, biscotti, torte e gelato. A garanzia del consumatore, la farina di rostrato e tutti i prodotti della filiera riportano in etichetta i marchi De.C.O. e/o ROSSO MAIS, che garantiscono la provenienza del mais dai territori di produzione individuati dal comune di Rovetta con apposita delibera. Se i marchi non sono presenti sulla confezione significa che NON si tratta di Mais Rostrato Rosso di Rovetta.

Alla sua scoperta

Il mais Rostrato Rosso di Rovetta si caratterizza per una spiga dalla forma allungata con chicchi di colore arancione rossastro e rostro (in dialetto chiamato “rampì”); ha punta conica rivolta verso l’apice e il tutolo scuro. La pianta è alta più di due metri con l’inserzione della spiga a circa metà; non è raro però trovare sulla stessa pianta più di una spiga. Il seme ha consistenza vitrea o semi-vitrea, una caratteristica questa che gli conferisce un peso specifico superiore a quello dei mais farinosi utilizzati per l’alimentazione del bestiame. La sua maturazione avviene nel mese di ottobre. L’attuale varietà è stata selezionata dall’agronomo Tito Zapparoli all’inizio del XX secolo. Partendo da quella, in anni più recenti Giovanni Marinoni di Rovetta ha sviluppato la selezione che è tuttora coltivata. La farina di rostrato rosso è ottenuta con molitura a pietra, un metodo che la rende più nutritiva perché insieme al resto del seme viene schiacciato anche il germe che è la parte del chicco più ricca di olio. È proprio la presenza dell’olio a richiedere però maggiori attenzioni nella conservazione della farina, che va tenuta in un luogo asciutto e consumata preferibilmente entro i tre mesi successivi alla molitura. Tutte le farine di mais hanno un basso contenuto proteico ma sono molto ricche di amido e non contengono glutine (salvo le tracce residue dovute all’utilizzo delle mole con altri cereali). Ciò le rende un ingrediente potenzialmente adatto per gli alimenti destinati a soggetti celiaci. A queste prerogative la farina di Rostrato Rosso di Rovetta aggiunge un caldo colore giallo scuro striato di rosso, una granulosità tipica dei chicchi vitrei ed un gusto eccezionale, esaltato dalla polenta bergamasca ma non solo.

La Comunità del Mais

L’avventura del Mais Rostrato Rosso di Rovetta come varietà da proteggere e valorizzare ha inizio nel 2004 quando l’agronomo Aureliano Brandolini (storico studioso del mais rostrato) vide, in un cesto decorativo realizzato per la sagra della patata rovettese, alcune pannocchie di cui esaltò la bellezza e la qualità. Insieme a lui c’era Lorenzo Berlendis di Slow Food, che prese contatto con gli organizzatori della sagra per risalire al produttore di quel mais. Fu quella la scintilla che portò l’Associazione “Era del ‘900” ed il Comune di Rovetta a coinvolgere l’Unità di Ricerca per la Maiscoltura di Bergamo che, con Paolo Valoti, svolse un ruolo fondamentale nella caratterizzazione della varietà. Il passo seguente fu la conservazione del seme nella Banca del germoplasma presso l’Università degli Studi di Pavia. Altri 500 semi vennero successivamente inviati anche al deposito ospitato sull’isola di Spitsbergen in Norvegia, dove ha sede lo Svalbard Global Seed Vault, ovvero il deposito sotterraneo globale dei semi nato da un progetto del Fondo mondiale per la diversità delle colture. Nel 2011 il Comune di Rovetta istituiva per il Rostrato Rosso il marchio De.C.O. (Denominazione comunale d’origine) e nominava una commissione incaricata di coordinare le attività di valorizzazione del prodotto. Nel frattempo si tesseva una serie di relazioni con altri produttori di mais di diverse regioni italiane e di alcuni Paesi stranieri, dando vita al Network Internazionale dei Mais Antichi. In occasione di Expo 2015 il Rostrato Rosso di Rovetta ha contribuito al progetto MEB 2015 (Mais Expo Bergamo) promosso da CREA – Unità di Ricerca Maiscoltura di Bergamo, partecipando a diverse iniziative. Proprio ad Expo 2015 ha mosso i primi passi, patrocinato da Slow Food nazionale, il progetto per un network dei mais italiani ad “impollinazione libera” che ha portato alla creazione, nel novembre del 2016, dell’Associazione Slow Mays che consentirà ai mais tipici di varie regioni italiane di condividere esperienze e conoscenze. Nel 2015 è nata anche l’Associazione ROSSO MAIS, di cui è attualmente presidente Donatella Scandella, che raccoglie i maggiori produttori di Rostrato Rosso di Rovetta: la sua missione è quella di preservare, valorizzare e diffondere questa preziosa varietà di mais dalle elevate e riconosciute qualità organolettiche. Nell’ottobre 2016 il Rostrato Rosso di Rovetta è stato ufficialmente iscritto, con apposito Decreto Ministeriale, nei Registri nazionali delle varietà sementiere da conservazione.

La polenta

Chi di noi saprebbe rinunciare ad una fetta fumante di polenta accompagnata da un tenero stracotto oppure da arrosto, selvaggina, funghi, formaggi? Forse nessuno, perché la polenta è un piatto che appartiene fortemente al gusto ed alla tradizione culinaria non solo delle regioni del nord Italia, ma di tutto il Paese. Un tempo piatto povero consumato dai più poveri, la polenta è diventata oggi un prezioso ed insostituibile comprimario di piatti ricchi e gustosi. Ma fondamentalmente quello che piace della polenta è quel suo gusto “ruspante” e famigliare che fa tanto mamma, nonna… insomma: casa! Forse parlare genericamente di polenta non è giusto, perché c’è polenta e polenta, a seconda del tipo di mais da cui è ricavata la farina. Ai bergamaschi, per esempio, la polenta piace piuttosto consistente, che si possa tagliare a fette; servono allo scopo delle farine corpose, di carattere, esattamente come quella integrale ottenuta dal Mais Rostrato Rosso di Rovetta. Poi tutto è questione di dose e di misura. Gli ingredienti sono semplici: farina, acqua, sale. Quello che conta è saperli dosare con maestria per ottenere la giusta sapidità e la giusta consistenza. La fase iniziale è quella più delicata, perché quando la farina viene sciolta nell’acqua già bollente e salata è importante che non si creino grumi. Bisogna versarla piano piano e deve essere continuamente rimestata. Per il resto bisogna solo avere la pazienza di “girarla” ogni tanto, senza fretta, sapendo quanto è importante farla riposare ed asciugare in santa pace per più di un’ora. Il momento magico però è quello in cui la polenta viene versata sprigionando vapore e profumo insieme; si sente scricchiolare la parte secca aderita al paiolo e in quel momento l’intera cucina sa di polenta. La si taglia e la fetta viene adagiata sul piatto, a fare da base a quello che dovrà “accompagnarla”. Da noi può essere uno stracotto di manzo, un brasato, un pollo alla cacciatora, un coniglio arrosto, della cacciagione, formaggi d’ogni tipo, funghi, salame con la panna e tante altre prelibatezze. Ma la polenta può essere anche protagonista, quando è “taragna”, “cusa”, spalmata di miele o semplicemente affogata in una tazza di latte, possibilmente appena munto.

Alcune indicazioni per trovare questo prodotto le trovate qui

Il volantino dell’associazione Rosso Mais lo trovate qui . Hanno sede in via Vittorio Veneto 3/D a Rovetta in provincia di Bergamo.


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