La Fatica dei Salmoni – Cooperazioni a Confronto

A Mezzago sabato 22/9/2018 durante la Festa della Cooperazione, La Fatica dei Salmoni c’è stata un’intera giornata intitolata Cooperazioni a Confronto. Su questo tema la mattina hanno parlato Giovanni Taneggi (ConfCooperative Reggio Emilia), Francesca Forno (Università di Trento) e Stefano Laffi (Codici) con la moderazione di Alfredo Luis Somoza.

Ho raccolto in questa pagina le registrazioni dell’incontro condivise su Facebook dagli organizzatori per conservarle a futura memoria. ll primo intervento di quella mattina l’ho trascritto mentre l’oratore parlava e per non perdere la fatica fatta mi permetto di riportarlo qua con tutte le scuse del caso per le eventuali imprecisioni.

Buongiorno sono Stefano Laffi e vi vorrei parlare di quello che é il mio campo di studio: la cooperazione e i giovani.

Tempo fa abbiamo lanciato un programma di cooperazione nelle scuole in tutta Italia. Volevamo capire che cosa succede quando lanci tra i giovani questo tipo di sfida e la prima risposta che abbiamo avuto è che fanno fatica a coglierla.

Il tema del lavoro è entrato nelle politiche giovanili molto male. I giovani improvvisamente devono fare scelte in un mondo che è molto precario. Nei progetti del mondo educativo il racconto del lavoro è trattato in modo molto unilaterale. Gli viene solitamente detto: devi diventare imprenditore di te stesso. La parola chiave è startup. Lo devono fare perché i posti di lavoro sono occupati dagli adulti e quindi ognuno si deve creare il proprio.

Il mondo del lavoro non crea posti di lavoro per giovani, infatti al di là della retorica la disoccupazione è solo giovanile e le startup diventano l’unico mezzo per entrarvi.

Se comunico ad un giovane che il mondo è darwiniano e vince solo il più forte il risultato che ottengo è di rifiuto. Perché dovrei entrare in un mondo così brutale, crudele e competitivo?

Un altro elemento tossico che fanno fatica a digerire è che quando fai l’imprenditore il messaggio sottointeso è che tu non fai un lavoro ma sei quel lavoro. Se tu hai 16/20 anni, non sei pronto ad identificarti con quel lavoro lì. Perché essere una sola cosa e non poter provare cose diverse visto che sono giovane?

Come consulente del ministero ho cercato di configurare progetti che non passassero l’idea del mondo come giungla in cui perderai la tua identità. L’idea del lavoro è interessante come ingaggio per i giovani ma non solo in quella dimensione.

È partito un progetto a Genova, Venezia, Bologna e in molte altre città con il quale abbiamo fatto nascere cooperative scolastiche che producono reddito. Un’altra opzione che abbiamo stimolato era il service learning dove il volontariato per la comunità (service) è legato all’apprendimento (learning).

Gruppi di adolescenti hanno dunque lavorato un anno o come guide turistiche o in cooperative dove hanno fatto pesto, marmellate e le hanno vendute nei mercati locali.

Ho intervistato i ragazzi domandando loro come era andata girando tutta l’Italia.

La prima risposta è che non l’avevano mai fatto. Rendere coltivabile un pezzo di terra abbandonato, raccogliere quanto prodotto per andare a venderla al mercato contadino hanno detto che era una delle esperienze più belle che avessero mai fatto.

L’impressione è che quando lanci sfide di questo tipo con loro sei sicuro di vincere. Le parole crescita, maturazione vengono fuori spontanee dalla conversazione con loro e capisci che sono veramente felici. Insomma è una delle cose più belle che puoi proporgli.

La scuola è totalmente impreparata. Per fortuna esiste l’alternanza scuola lavoro e l’abbiamo utilizzata per fare partire cooperative tra studenti. Essendo la scuola non attrezzata per organizzare il tutto l’abbiamo fatto noi.

Ad ogni gruppo di studenti abbiamo proposto un budget iniziale di 5000 euro che dovevano gestirsi in autonomia. Loro non essendo minimamente preparati a fare impresa all’inizio hanno sperperato il capitale iniziale per poi usare i pochi soldi rimasti per auto organizzarsi o autoprodurre. I ragazzi erano molto contenti ma la scuola sembrava disperata.

Capita la lezione quest’anno lavoreremo di più con le istituzioni perché riescano ad accompagnare meglio la capacità autoorganizzativa dei ragazzi.

A Catania dovevano fare il pesto e farlo, non per il consumo casalingo, dove potevano avere esperienza, ma per la vendita. In questo processo è necessario che sia invasettato e che i vasetti siano sottovuoto. Al primo tentativo 100 barattoli esplosero. Far asciugare 5 kg di foglie di basilico in poco tempo non è un problema che devi risolvere quando fai quello domestico ma per vendere è fondamentale. E così via.

Il tema interessante è che la soluzione a questi problemi doveva essere presa in modo collettivo, collaborando o addirittura cooperando. Lì gli studenti sono andati in tilt. Loro dovevano essere autonomi. Non ce l’hanno fatta a decidere che cosa fare tutti insieme. In 15 non riuscivano a decidere e questo è accaduto sia Catania che a Venezia. I giovani non sono abituati a decidere. A scuola esegui i compiti e per tutti i temi legati alla “governance” c’è un assoluto analfabetismo.

È una generazione che non è abituata a prendere decisioni collettive. Doverlo fare ha spaccato tutti i gruppi. Andavano in conflitto e non sapevano gestirlo e quindi andavano in crisi. Ognuno di loro è abituato a scegliere per sé ma non in gruppo. Non sono in grado di mediare il conflitto e arrivare ad una decisione. La scuola dà compiti. Manca una palestra di cooperazione e gestione del conflitto. E pensare che tra di loro stanno sempre insieme, ma con Whatsup!! La cosa incredibile che se prima dell’esperienza collaboravano poco, alla fine collaboravano molto meno. Dobbiamo assolutamente creare palestre di collaborazione.

In economia i primi studi sulla collaborazione li facciamo sui libri di Robert Axelrod. Se vi ricordate la prima guerra mondiale fu una guerra di posizione. I soldati che stavano al fronte passavano il loro tempo nelle buche e da lì attaccavano o sparavano ai loro nemici nelle trincee avversarie. Nei loro diari i generali che andavano al fronte iniziarono ad annotare che dopo un pò i nemici smettevano di spararsi tra loro. Subentrava il vivi e lascia vivere. Non conviene morire mettiamoci d’accordo. Per fare smettere questo iniziarono a ruotare i soldati dato che solo i nuovi arrivati al fronte sparavano.

Qual è la lezione che ci hanno tramandato?
1) Tu collabori e cooperi quando hai futuro. Devi avere tempo. Se ci devo stare dei mesi è meglio che collaboro. Scherzi con la supplente perché non resta, con la tua insegnante è meglio collaborare. Bisogna avere orizzonte e non è un bene dare ai giovani un mondo senza futuro. Non è un grande messaggio di speranza da dare ai ragazzi quello che devo sopravvivere al mondo.
2) La collaborazione dipende dal numero di interazioni tra i nemici. Una volta scoperto che le trincee avversarie comunicavano l’un l’altra mandandosi segnali, i generali scoprirono che più segnali si passavano meno si sparavano. Più crei mondi separati, meno interazioni hai e più è difficile cooperare. I pregiudizi e gli stereotipi bloccano tutti. Ho paura dei migranti, ma il vicino di casa è bravo. Quando lo conosco ed inizio ad interagire con lui lo vedo per quello che è e non per quello che mi hanno raccontato.

Grazie dell’attenzione.

La cooperazione (anche in forme giuridiche diverse) si sta facendo carico della mediazione tra interessi individuali e collettivi, il senso dell’intervento di Francesca Forno

Sogni, paure, narrazioni, economie, luoghi, politiche… l’economia comunitaria promuove senso ed esperienze, l’intervento di Giovanni Taneggi. 


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