Il blocco che ha reso l’Italia Zona Protetta appena entrato in vigore provoca tra le moltissime conseguenze anche il divieto di svolgimento dei mercati contadini di Bologna come l’ordinanza che riportiamo evidenzia.

Nello specifico ho verificato, con sommo dispiacere che, anche i mercati di Campi Aperti, non saranno, fino ad aprile, nelle loro abituali piazze.
I prodotti che vanno a banco nei loro mercati sono sovente acquistati da una clientela affezionata che loro definiscono co-produttori vista la stretta relazione che hanno stabilito negli anni.
Questo legame di co-produzione è quello che tiene in vita piccole produzioni e il mercato è spesso la principale fonte di reddito di queste aziende agricole. Il cambio dei comportamenti che il blocco impone, in qualche maniera, manda in crisi il modello del mercato e come tutte le crisi sollecita l’idea di sperimentare nuove strade vista l’urgenza dei problemi che genera.
Il mercato è un luogo dove le idee vengono a contatto perché la gente si avvicina l’un l’altro. La lotta al Coronavirus impone la distanza. Ormai tutti sappiamo che il mezzo che utilizziamo tutti i giorni per scambiarci idee pur rimanendo a casa sia Internet. In questo tremendo momento per ottenere “un nuovo mercato” dobbiamo delegare ad Internet quell’intangibile che ci permetta di minimizzare i contatti fisici mentre acquisto i prodotti dai contadini.
Anche se è la prima volta, come tutti, che vivo una situazione tipo Covid-19, più volte ho assistito alla proposizione di siti, App e di altre diavolerie come panacea di tutti i mali soprattutto all’accadere di eventi gravi ed imprevisti.
L’ansia di voler superare una situazione problematica porta spesso alla ricerca di scorciatoie, le soluzioni informatiche hanno questa capacità di fascinazione da presentarsi come tali, tralasciando di definire bene i problemi posticipando ad un secondo momento la scelta degli strumenti più idonei alla loro soluzione. La situazione sorta velocemente in modo drammatico e senza una sensazione di quanto possa durare credo che debba essere utilizzata per capire che cosa serve più che per impegolarsi in soluzioni complesse. La tecnologia viene sempre dopo. Prima bisogna capire quali sono i problemi.
Ho parlato di mercato come luogo di scambio di idee non a caso: per comprare qualcosa o parlare con qualcuno prima devo andarci. Essere là. Questa è la prima cosa da dematerializzare. WhatsApp, Facebook, le mailing list sono tutti strumenti che ricostruiscono la piazza in virtuale tenendo in contatto chi produce con chi compra. E’ da uno di questi strumenti che ho avuto conferma della chiusura dei mercati di Campi Aperti. Immagino come è accaduto a me sia accaduto a tutti i co-produttori.
Tenere connessi gli attori di un mercato è dunque la prima funzione di cui abbiamo bisogno e le soluzioni informatiche che possono implementarla hanno queste caratteristiche fondamentali: devono essere disponibili su tutti i telefoni, tutti devono già saperle utilizzare e l’inclusione dei partecipanti deve essere facilmente ottenibile.
Non è un caso che, anche in tempi meno problematici di questi, molti miei amici in giro per l’Italia, stiano usando WhatsApp per dire ai loro “amici” quali prodotti sono disponibili e quindi ottenere ordini e organizzare consegne come potete osservare voi stessi da questi screenshot.

Alcuni di loro usano le chat di WhatsApp per creare comunità di scambio di autoproduzioni creando esperienze molto interessanti.

Altri utilizzano Facebook con lo stesso intento. Anche chi non ha familiarità con l’informatica può notare la differenza tra i due strumenti. Facebook permette, in modo più intuitivo di quanto faccia WhatsApp, con la tecnica dei commenti ad uno specifico post, di costruire un dialogo che può emulare un ordine visto che, gli utenti, tutti nominalmente riconoscibili, possono rispondere in maniera congrua alla proposta di un fornitore.
Quindi se scegliamo tra sistemi informatici diffusi e inclusivi uno che oltre a tenere connessi gli attori sia grado di emulare in modo più efficace un’altra delle funzioni fondamentali che ci servono in un mercato, il dialogo tra uno specifico venditore e uno specifico acquirente, faremo un bel salto in avanti.
Ne vedete un bell’esempio d’uso da parte de La Raccontadina dove lei propone le sue cassette, quando sono pronte, e con i commenti le persone gliele prenotano e vanno a prenderle.

Su questo concetto Facebook ha costruito dei gruppi dove si può vendere ed acquistare: i marketplace. Ancora uno strumento disponibile, inclusivo, dove la tecnica è molto simile a quella appena vista, con l’emulazione dell’ordine, anche se è più formale.
I marketplace sono una buona soluzione per emulare il mercato? Non credo: visto che tutti possono vendere e tutti possono acquistare non assomiglia assolutamente a quanto accade in un mercato dove le bancarelle dicono esattamente chi sta davanti o dietro ad un banco.
Una via di mezzo intelligente sono i REKO, dei gruppi chiusi Facebook dove gli agricoltori sono tutti Amministratori e propongono la merce che vendono proprio come se fossero al mercato. Loro scrivono i post e gli utenti dicono nei commenti che cosa vogliono.

Dal sito ConsideroValore.it possiamo approfondire il concetto Reko. E’ un modello di spesa a filiera corta nato in Finlandia, dove in pochi anni ha avuto un successo e una diffusione esponenziali. Più che un modello di business, è una specie di uovo di colombo, la cui genialità risiede nell’estrema semplicità. Ossia: uniamoci tra produttori e consumatori, usiamo i social per connetterci e il parcheggio per trovarci. Re.Ko. è l’abbreviazione delle iniziali di Rejäl Konsumption, che viene tradotto in inglese come Fair Consumption e che potrebbe essere chiamato in italiano “consumo equo, pulito, corretto”.
Questo è un modello facilmente utilizzabile per ovviare alla chiusura di un mercato in tempi di Covid-19 perché con un gruppo virtuale i produttori e co-produttori possono esporre le offerte e ordinare. Nel mondo reale i produttori possono approntare quanto richiesto senza la necessità che i clienti siano presenti. In linea con le disposizioni anti contagio Covid-19 questa è una soluzione molto efficace perché accorciando il tempo necessario allo scambio si diminuiscono gli assembramenti: basta rispettare le distanze al momento della consegna. Simpaticamente ci spiega questa soluzione Arvaia con i topinambur anche lei produttore presente ai mercati che ovvia alla chiusura invitando a prendere i prodotti presso la loro sede.

Come vedete una soluzione è fatta da molte componenti, parecchie informatiche ma molte di buon senso. Con un sistema per parlare con i propri utenti, ad esempio WhatsApp o una mailing list, dico che abbiamo aperto un REKO ai produttori e ai consumatori. L’amministratore spiega dove e quando avverranno le consegne e dice a ciascun attore come devono essere fatti i post con le proposte di vendita e come utilizzare i commenti per le richieste di acquisto. Un luogo di consegna e delle procedure nel rispetto delle leggi vigenti fanno il resto il tutto condito con un pò di allegria.
Conoscendo bene che Facebook potrebbe risultare indigesto ad alcuni potreste sostituire le funzioni a lui delegate implementandole usando ad esempio dei fogli Google. E se questo fosse ancora una barriera all’ingresso, utilizzando l’unica funzione indispensabile, il gruppo immateriale che rappresenta il mercato, si fornisce un numero di telefono a cui si mette qualcuno che rispondendo prende gli ordini che verranno approntati e consegnati come gli altri. Chiaramente essendo la dematerializzazione del tutto parallela alla concettualizzazione delle funzioni, tutte le soluzioni proposte possono lavorare in parallelo lasciando all’utente finale l’opportunità di scegliere quale è per lui più consona alle sue attitudini.
E se in tutto questo meccanismo introducessi delle cassette? Funzionerebbe bene lo stesso. L’approntamento potrebbe essere fatto anche multiproduttore e dividendo gli scontrini per tutte le componenti di spesa, come abbiamo già visto per l’Italia, un volontario in bicicletta potrebbe aumentare quella distanza che tanto ci chiedono giustamente di rispettare.
Le crisi se vissute in modo corretto stimolano l’evoluzione basta capire quale sia il problema e qui è organizzativo. L’informatica automatizza qualcosa che esiste.
E attenzione c’è sempre tempo per mettere su un sito di e-commerce una volta che si capisce dove sono i clienti, di chi è la merce che sto vendendo, come faccio ad assemblare le consegne e soprattutto se sto intermediando o meno. Se intermedio quale è il soggetto giuridico che lo fa, di chi é e come remunera gli investimenti. E’ il capitale che possiederà il lavoro o viceversa è il lavoro che possiederà il capitale?
Da buon ultimo ma non meno importante è di coinvolgere i consumatori facendogli notare che nel risolvere un problema di tutti è importante farlo comprando i prodotti dei contadini. Questi non hanno altri santi in paradiso e i prodotti che la terra ha dato loro in questi giorni se deperiscono non produrranno il reddito a loro necessario nella stagione in cui maturano.
Il rispetto delle distanze tra le persone e la diminuzione delle occasioni di incontro si può fare in molti modi. Potrete farlo anche non uscendo di casa ma, se lo fate, trovate la chat giusta per farvi arrivare a casa una cassetta contadina.
E se proprio non se ne può fare a meno e il fascino per la soluzione tecnologica salvatrice non può essere evitato, un e-commerce wordpress o equivalente si può mettere online per cogliere l’occasione di imparare e per strutturarci bene in tempo di pace.
Noi di Ciboprossimo abbiamo un sogno, ma questo lo sapete già. Visto che è centrale che i co-produttori in quanto tali comprino dagli agricoltori questo deve avvenire sempre indipendentemente dalla forma del canale distributivo. Questo è possibile se avessimo a disposizione soluzioni informatiche specifiche che implementino quanto abbiamo detto con le metodologie che abbiamo utilizzato per descrivere come avere un mercato al tempo del Covid-19 .
Ma questo è un discorso lungo e lo faremo appena è passata a nuttata.
PS: Per la foto di copertina ringraziamo la pagina Facebook di Campi Aperti