Pausa caffè con i colleghi


A Camporeale è nata Scuola pratica di agroecologia «Valdibella», ideata, organizzata e gestita dalla locale cooperativa agricola omonima. I loro agricoltori hanno mirato sin dall’inizio della loro attività su un nuovo modo di concepire e fare agricoltura, puntando sulla sostenibilità ambientale e sul biologico. Ciò è stato il loro cavallo di battaglia che in poco più di un decennio ha visto l’espandersi progressivo degli interventi sui terreni in modo da chiudere la filiera dalla coltivazione alla trasformazione e distribuzione dei prodotti.

Si è partiti dalla cantina del vino situata sul colle paradiso e da allora sono nati anche il recupero dei grani antichi can la relativa farina e pasta, mandorle e il latte di mandorla, l’olio, il miele, le confetture, gli ortaggi, il pesto. Oggi la Valdibella è una delle principali attività economiche di Camporeale che, puntando sulla diversificazione e qualità delle coltivazioni, ha conquistato i mercati dei vari continenti. Ai primi di aprile si è tenuto il primo corso base di agroecologia che per tre giorni ha visto la presenza di trenta giovani agricoltori dalle province ma anche da Roma e Torino. Con lezioni teoriche e pratiche sperimentate direttamente in campo c’è stato un confronto su nuovi modi scientifici di coltivare il terreno, affrontando tematiche attuali come la desertificazione per cui i terreni diventano improduttivi.

Il presidente della Valdibella è l’agronomo Massimiliano Solano . Con la scuola di agreocologia – afferma – stiamo tentando di fare cambiare strategia nel modo di coltivare la campagna. Purtroppo ancora oggi l’agricoltura è una professione nella quale non ci si forma prima, ma si arriva in campagna e ci si mette a fare l’agricoltore di punto in bianco, pensando che informarsi e aggiornarsi sia una perdita di tempo…

Come con la Sfida del Molino Galleu ho esordito con la cronaca di un’esperienza paradigmatica. Abbiamo più volte ricordato l’Osteria dei Due Cuori e con quella di oggi diventano tre le esperienze che hanno per ragioni più o meno evidenti incrociato Ciboprossimo e come questo non sia stato in grado di Rappresentare il sistema collaborativo sottinteso a tutti i casi elencati. Ho riportato lunghi stralci dai giornali come esempi per noi insuperabili di descrizione di queste esperienze se si rimane all’interno del sistema delle news.

Nell’articolo precedente ho evidenziato che forse bisogna esplorare altre vie passando da quelle descrittive direttamente al collaborare: anziché parlarne forse è più semplice agire insieme?

Purtroppo abbiamo verificato sulla nostra pelle che non è tutto rose e fiori e che le caratteristiche degli strumenti dei quali ci siamo dotati possono impedire di dare una risposta ai temi posti dal problema della rappresentazione di un sistema collaborativo.

Avevamo promesso di tentare strade nuove per approcciare queste tematiche.

Le state già percorrendo!

L’immagine di copertina e il titolo usato provengono da un publiredazionale che promuove l’uso del caffè in ufficio. Il Caffè Aiello è convinto che questa bevanda vada assolutamente bevuta assieme ai colleghi perché migliora il lavoro di squadra.

La foto precedente era quella che meglio evocasse il rispetto dovuto alle Chiacchiere da Bar indipendentemente dal punto di vista del giornalista trattato nel testo. Il tema è sempre stato sentito e non avevamo bisogno di uno storytelling alla moda o di un editoriale pubblicitario per dire quello che i nostri vecchi conoscevano benissimo. La complessità delle relazioni che si possono sviluppare in luoghi comuni e conviviali sono sempre stati il collante delle comunità. E’ durante le pause trascorse insieme che vengono fuori quasi inavvertitamente quelle risposte che altrimenti farebbero fatica ad emergere. Il clima, la casualità dei temi trattati ma soprattutto le persone che incontrano possono fare vedere le cose da punti di vista diversi e quindi trovare risposte inaspettate.

Questi due anni chiusi in casa ci hanno poi allontanati gli uni dagli altri. La solitudine nell’affrontare il quotidiano può essere superata pensando che ci sia un domani che assomigli all’altro ieri. Ci vuole anche una speranza nel ritrovarsi.

Nella mia città, la Milano da bere, sono nati in questi anni molti co-working, alcuni diventati casi famosi anche al di fuori dei nostri confini. La pandemia ha fatto il resto trasformando anche gli uffici tradizionali in una sorta di luogo dal perimetro indefinito dove, visto che lo spazio è inferiore a quello che serve per ospitare tutti i lavoratori, scrivanie, tavoli e sedie diventano variabili da conquistare. Questa precarietà, ormai introiettata dai più come norma e valore ha però dei punti fermi. Guardate l’ultima riga della proposta di un luogo molto in per la nostra città. Lo spazio caffè è una costante qui più significativa perché è il luogo dove puoi incontrare non solo i tuoi colleghi ma anche persone di altre organizzazioni magari complementari a te. E’ bevendo il caffè che puoi incontrare chi si innamora della tua startup e la finanzia. Il creativo che ha un immaginario per comunicare il tuo prodotto è lì seduto con te allo stesso tavolo. Gli Alveari che dicono Sì spesso si sono costituiti in queste stanze visto che è passata l’idea che le persone che convivono sotto lo stesso tetto hanno interessi e filosofie di vita comuni. Forse è successo l’inverso si sono costruiti spazi dove sono state attratte persone con interessi omogenei. La Silicon Valley è come se fosse un grande co-working visto che ha raccolto tutto il meglio dell’high tech in un’unica valle e i bar, i ristoranti, le scuole, le palestre, tutto il tessuto sociale permette di creare quell’osmosi tra persone che condividono visioni e competenze comuni.

Chi ha l’occhio fino avrà visto la differenza sostanziale che esiste tra questa modalità di fruire della pausa caffè e quelle testé citate. La caffettiera o il bicchiere del caffè. Qua appartiene alla nostra tradizione. Nei casi precedenti evoca le brodaglie che evocano immaginari a noi estranei. Non è per fare polemica ma è semplicemente per dire che la stessa cosa può apparire in forme diverse. Abbiamo capito la sua importanza e forse la soluzione al problema posto è quello di avere un posto per vivere la nostra pausa caffè. Probabilmente deve assomigliare di più ad un co-working perché le esperienze con cui abbiamo esordito sono in regioni diverse, con protagonisti diversi e in tempi anche diversi.

Forse ho utilizzato troppe metafore per dare una risposta all’esigenza posta ma credo moltissimo all’uso di questo strumento per mettere in evidenza concetti complessi e permettere a ciascuno di ricordare il perché di scelte che possono costare fatica perché non se ne vede immediatamente il fine.

Comunque esistono luoghi virtuali concepiti per ospitare comunità di persone dove tutti possono conoscere tutti perché occupano lo stesso spazio. Hanno strumenti standard come le chat per cui possono tranquillamente essere la gamba informale per il sistema del cibo di prossimità. Nella loro specificità hanno dunque tratti assolutamente sovrapponibili alle esigenze della prima gamba di Ciboprossimo. Lo spazio tutto è divisibile in stanze o meglio può essere visto come i servizi di una comunità. Tra questi c’è anche il bar e in quel luogo ci si può parlare e vedere esattamente come accadrebbe al bar del paese dove si incontra quello che c’è arrivato prima di noi. Se anche lì fosse già arrivato Sky potremmo vedere le partite insieme. Ci sono anche le macchinette dei videogiochi. Si possono creare spazi privati. Emulando il teatro o i concerti si possono concentrare le persone ad una stessa ora per vedere lo spettacolo insieme.

Insomma un posto dove si può parlare, scrivere e vederci. Un posto dove ciascuno può sviluppare i propri progetti ma trovare subito con chi può condividere i problemi o le soluzioni. Dove si possono tenere corsi. Dove si può ricevere quell’assistenza all’uso degli strumenti da tecnici specializzati o semplicemente da chi ci è passato prima. Un posto dove i gruppi che si sono formati con le tre esperienze che abbiamo citato possono convivere e continuare anche quando l’esperienza reale è finita. Un posto dove possono raccontare loro direttamente quello hanno fatto agli altri perché li possono incontrare.

L’unica cosa che manca è che tutto avviene virtualmente. Non è un sogno è qui. Non sostituisce Telegram ma lo affianca per risolvere quelle che erano i problemi a cui non è stato in grado di dare risposta.

Vi ricordate, in Matrix, quante pillole c’erano e che colore avevano? Qua, vista l’importanza del tema per tutti, vi lasciamo solo l’opzione che segue. A presto.


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